«Ho detto tre volte alla mamma di quel bimbo che era spacciato, che non si sarebbe salvato. E per tre volte è rinato. Questo per noi è un vero miracolo». Giuseppe Caianiello, primario della Cardiochirurgia pediatrica del Monaldi. Racconta la storia di S., 18 mesi, nato tre volte. Prima salvato da un cuore artificiale, poi dal cuore di un donatore, un bimbo di 5 anni, poi dalla buona sorte. È un caso eccezionale nel Sud Italia, il primo. «S. arrivo da Avellino una notte in cui la mia équipe era in ospedale – racconta il primario – Aspettavamo un cuore, eravamo lì per caso. Il piccolo aveva solo cinque mesi ed era in arresto cardiaco. Era praticamente morto, siamo intervenuti per rianimarlo e lo abbiamo poi attaccato all’Ecmo (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation), una macchina che può sostenere le funzioni vitali di cuore e polmoni per un tempo limitato. Dopo tre giorni gli abbiamo impiantato il cuore artificiale». L’impianto si chiama Berlin Heart (per il cui utilizzo il Monaldi è l’unico centro individuato dal ministero della Salute nell’Italia meridionale) ed è costituito da una consolle elettrica con due ampolle esterne collegate con una serie di tubicini al torace del paziente. Sono il ventricolo destro e quello sinistro, ma per tutti, in reparto, sono «le ampolle di San Gennaro». Quattro dei cinque bimbi trapiantati nell’ultimo anno ne hanno usufruito. S. ha imparato subito a convivere con quella macchina, presto è diventata una parte del suo corpo. Con il cuore fuori dal corpo ha imparato tutto quello che impara un bambino così piccolo, ha imparato a camminare e a conoscere il mondo. La macchina, che ha un’autonomia di circa cinque ore, gli ha permesso qualche volta di raggiungere il bar dell’ospedale. «La madre è stata eccezionale», racconta il prof. La donna, che ha altri due figli piccoli, si è trasferita in ospedale, dove le è stata affidata una stanza singola, e qui ha seguito il delicatissimo percorso di crescita del suo bimbo, senza perdersi mai d’animo, un anno lunghissimo. «In reparto siamo assistiti dall’associazione Abc, dai volontari della clown-terapia – dice Caianiello – Le giornate in ospedale non finiscono mai, devono passare».
Poi, a febbraio, è arrivata la possibilità di un cuore nuovo e vero. Era di un bimbo di 5 anni, un po’ più grande, per l’équipe del Monaldi pochi istanti per decidere: l’impresa è possibile. Per S. viene preparata la sala operatoria per il trapianto. L’intervento, tecnicamente, riesce perfettamente. Ma il rigetto è immediato e sembra di quelli che non lasciano speranze. S. viene riattaccato all’Ecmo e viene sottoposto ad immunosoppressione totale, qualsiasi contatto con l’esterno gli avrebbe potuto provocare un’infezione. Quindici giorni di isolamento totale, prima di riprovare se il cuore poteva ritornare a battere da solo. Tutto è andato per il verso giusto. S. è rinato per la terza volta. È tornato a casa, un luogo che non conosceva. Ogni tanto cerca i tubicini e le ampolle di San Gennaro che non vede più, ma S. sta bene. Andrea Petraio e Fabio Ursomando, infaticabili assistenti di Caianiello, sono già andati a trovarlo nella sua casa di Avellino. Grande soddisfazione è stata espressa dal manager dell’Azienda dei Colli, Antonio Giordano: «È la prima volta in assoluto – dice – che una struttura sanitaria del Sud interviene due volte su un bambino, prima con un cuore artificiale e poi con il trapianto». Caianiello non nasconde l’emozione quando parla dell’incredibile esperienza di S.: «Ho ringraziato la madre del bimbo per la grande lezione che ci ha dato. Per tre volte le ho detto che il figlio era morto, lei non ha mai smesso di crederci».
da il Giornale di Napoli del 9 maggio 2012