Il Sindacato unitario giornalisti della Campania esprime solidarietà alla giornalista di Sky Gaia Bozza e all’operatore Franco Maione, accerchiati e insultati a Napoli in piazza Dante durante una protesta “no-green pass”. I manifestanti le hanno urlato “giornalista terrorista”, “venduti” e insulti di ogni tipo, qualcuno ha cercato anche di aggredire la collega e il cameraman, ma è stato bloccato da altri manifestanti. La situazione si è fatta difficile e la redazione di Sky è stata costretta a interrompere la diretta. È davvero paradossale che chi scende in piazza per chiedere libertà assoluta, nonostante una gravissima emergenza sanitaria, abbia difficoltà a rispettare una libertà essenziale e costituzionalmente garantita come la libertà di stampa. L’episodio segue quello avvenuto a Firenze contro il giornalista di Fanpage Saverio Tommasi. Facciamo appello al Questore perché i protagonisti di questa aggressione, ripresi dalle telecamere di Sky e di altri giornali, siano identificati e puniti.
Archivio mensile:Luglio 2021
La Gazzetta del Mezzogiorno interrompe le pubblicazioni. Il sindacato: «Decisione incomprensibile»
A partire da lunedì 2 agosto la Gazzetta del Mezzogiorno non sarà in edicola. «L’interruzione delle pubblicazioni – spiegano la Federazione nazionale della Stampa italiana e le Associazioni regionali di Stampa di Puglia e di Basilicata – è il risultato di una scelta della Ledi srl, società che gestisce provvisoriamente la testata da dicembre 2020 per effetto di un contratto con la curatela fallimentare della Edisud spa. Per quanto legittima perché rientra nell’esercizio della libertà imprenditoriale, tale scelta risulta incomprensibile, tanto più perché comunicata ventiquattr’ore prima della scadenza del contratto e dopo che, tre giorni fa, la stessa Ledi aveva comunicato alla direzione e alla redazione la volontà di continuare a gestire provvisoriamente la testata per altri trenta giorni, in attesa dell’esito del voto del comitato dei creditori sulle due proposte concordatarie presentate alla curatela».
Per la Fnsi e le Assostampa «hanno influito, evidentemente, altre valutazioni, anche se va rimarcato che il tribunale e le curatele di Mediterranea spa e Edisud spa hanno avuto tutto il tempo per fare in modo che le procedure si concludessero entro la scadenza già fissata del 31 luglio».
L’unico aspetto che «avrebbe meritato una più attenta ponderazione da parte di tutti, tribunale, curatela e imprenditori – rileva il sindacato –, è la specificità e la funzione dell’impresa editoriale, oltre che il valore del bene informazione per la collettività e l’opinione pubblica. La storia della Gazzetta del Mezzogiorno merita ben altra considerazione. Il lavoro dei giornalisti, dei poligrafici e di tutte le maestranze deve riprendere al più presto. Ci sarà il tempo per individuare le responsabilità. Questo, però, è il momento di fare ciascuno il massimo sforzo per far sì che, nel rispetto delle procedure di legge, la Gazzetta del Mezzogiorno – concludono la Fnsi e le Assostampa – possa tornare al più presto in edicola».
In una nota ufficiale, l’azienda comunica che «il contratto di affitto di azienda stipulato con i Curatori del Fallimento Edisud s.p.a., in forza del quale è stato possibile garantire la pubblicazione in regolare continuità editoriale de La Gazzetta del Mezzogiorno, dopo la dichiarazione di fallimento pronunciata dal Tribunale di Bari, cesserà di produrre i suoi effetti alla sua scadenza naturale del 31 luglio 2021. Con profondo rammarico – prosegue il comunicato – la società ha manifestato la propria indisponibilità a prorogare l’esecuzione del fitto di azienda oltre la sua naturale scadenza del 31 luglio 2021 avendo registrato che le valutazioni formulate dal Comitato dei creditori e dai Curatori del Fallimento Mediterranea s.p.a. sulle proposte di concordato fallimentare pendenti dinanzi al Tribunale di Bari (fra cui quella formulata dalla stessa Ledi), non valorizzano, né sul piano formale né su quello sostanziale, la continuità aziendale e, così, ogni sforzo profuso dalla Ledi s.r.l. dallo scorso dicembre 2020 ad oggi».
Ledi rimarca che «con una prudente e attenta riorganizzazione dell’attività, non solo ha garantito la regolare continuità editoriale ma ha anche valorizzato tutti gli asset delle due Curatele fallimentari acquisiti in godimento nello scorso dicembre, in un momento in cui da un canto l’esercizio provvisorio del Fall. Edisud s.p.a. disposto dal Tribunale in sede fallimentare produceva perdite giornaliere consistenti e dall’altro per giornalisti e poligrafici non vi erano più concrete prospettive di lavoro. A questo punto – conclude – pienamente consapevole dei complessi problemi di natura editoriale e occupazionale derivanti dalla situazione che potrebbe crearsi con la cessazione dell’affitto d’azienda, rimane in attesa delle decisioni dei Creditori e del Tribunale di Bari».
La notizia dell’interruzione delle pubblicazioni viene data anche dalla redazione e dal Cdr ai lettori. «Da lunedì prossimo, e speriamo per brevissimo tempo – scrive il Comitato di redazione – non troverete in edicola la vostra e nostra Gazzetta del Mezzogiorno e non per scelta dei giornalisti e dei poligrafici che ci lavorano ma perché la Ledi srl, società che ha gestito in fitto il giornale dal 10 dicembre scorso, ha ritenuto opportuno non prorogare il contratto di affitto pur avendo avuto la disponibilità della curatela di Mediterranea ad una proroga di 3 mesi e pur avendo a sua volta proposto, invece, una proroga per i primi 30 giorni di agosto. Scelte imprenditoriali e tempi delle procedure fallimentari stanno producendo un risultato – il blocco delle pubblicazioni in attesa dell’aggiudicazione definitiva della testata – avverso il quale abbiamo lottato con tutte le nostre forze, a costo anche di rilevanti sacrifici personali, economici, con il ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali e l’ulteriore taglio degli stipendi, e logistici, con la chiusura di quasi tutte le storiche redazioni decentrate della Gazzetta».
Spiegano ancora i giornalisti: «Non ci interessa, almeno non ora e non adesso, ricostruire fatti e responsabilità della situazione professionale e lavorativa nella quale siamo venuti a trovarci nostro malgrado ma vogliamo scrivervi, perché poi scrivere è quello che ci piace di più, che la storia della Gazzetta del Mezzogiorno non finisce certo qua e così, che il nostro dialogo con voi riprenderà al più presto. Non sarà una pec a bloccare oltre 130 anni di storia vissuti dalla parte dei lettori, della Puglia e della Basilicata, di territori che hanno ancora tante cose da raccontare e far raccontare, magari con ancora più slancio, con strumenti più moderni e più rispondenti all’epoca che stiamo vivendo, con una rinnovata presenza sul territorio, attraverso il ripristino delle edizioni dedicate alle singole provincie di Puglia e Basilicata e il ritorno ai presidi nei capoluoghi di provincia. No, non è un sogno ma l’unica via percorribile per ridare al nostro giornale quel ruolo di sindacato del territorio che per tanti ha svolto. Stremata ma non vinta la redazione della Gazzetta non abdica al suo ruolo, vi dà appuntamento a prestissimo e chiede a tutti gli attori in campo di tenere sempre ben presente che la Gazzetta è un bene comune e come tale va trattato è tutelato».
Minacce a Monica Cito, Fnsi e Sugc: tutelare il diritto di cronaca
La Fnsi e il Sindacato unitario giornalisti della Campania esprimono preoccupazione per quanto sta avvenendo alla collega Monica Cito che racconta da anni quanto avviene nel territorio di Brusciano. Dal 2016 la collega, che collabora con il quotidiano Roma, è stata oggetto di minacce, pedinamenti, querele, insulti, attacchi tesi a delegittimare il suo lavoro sui social, da parte di un gruppo di malavitosi della zona che non gradiscono quanto viene denunciato sul giornale, in particolare per quanto scritto intorno all’omicidio di un loro parente. Monica ha continuato a fare il suo dovere senza mai fare un passo indietro, nonostante un’attività intimidatoria sfiancante, tesa a limitare il diritto di cronaca. Sul caso è stato presentato un dossier alla Procura, ma è evidente che è necessario un intervento deciso da parte delle Istituzioni preposte contro chi continua a molestare l’articolo 21 della Costituzione. Il sindacato dei giornalisti ha girato un fascicolo sul caso a Walter Verini, coordinatore del Comitato Antimafia a tutela dei giornalisti minacciati, con la richiesta di un intervento sul territorio.
La Cassazione: chi svolge attività giornalistica deve essere iscritto all’Inpgi
L’iscritto all’Ordine dei giornalisti che svolge attività giornalistica in un ufficio stampa, non importa se di un ente pubblico o di un privato, deve essere iscritto all’Inpgi. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione in una recente sentenza, come riporta il blog a cura dell’Istituto, Inpginotizie.it.
Intervenuta sul ricorso proposto da una Asl che aveva contestato il verbale ispettivo dell’Inpgi con il quale erano stati richiesti contributi previdenziali per due giornalisti dipendenti dell’azienda sanitaria, denunciati ad altro ente, la Suprema Corte ha ribadito, inoltre, che ai fini dell’iscrizione alla Cassa previdenziale non conta il contratto di lavoro applicato, quanto le mansioni effettivamente svolte.
«La Corte – si legge sul blog – dopo aver ricostruito la storia dell’assicurazione previdenziale Inpgi sotto il profilo normativo, giunge alla conclusione che l’attività svolta dagli iscritti all’Albo presso gli uffici stampa non può che essere giornalistica. Con la decisione in questione sono stati enunciati due principi di diritto fondamentali: “deve essere considerata giornalistica l’attività svolta nell’ambito dell’ufficio stampa di cui alla L. 150/2000 per il quale il legislatore ha richiesto il titolo dell’iscrizione all’albo professionale e previsto un’area speciale di contrattazione con la partecipazione delle OO.SS. dei giornalisti”; e “in presenza di svolgimento di attività giornalistica l’iscrizione all’Inpgi ha portata generale a prescindere dalla natura pubblica e privata del datore di lavoro e dal contratto collettivo applicabile al rapporto”».
In particolare, si rimarca ancora da via Nizza, «va sottolineata la valenza del secondo principio, in quanto si riafferma ciò che da anni l’Istituto persegue costantemente con la sua attività amministrativa, ispettiva e legale e cioè assicurare il corretto adempimento contributivo nei confronti dell’Inpgi da parte di qualsiasi datore di lavoro che abbia alle proprie dipendenze giornalisti che svolgono attività giornalistica».
Ventaglio, Mattarella: «Centrale proteggere libertà e pluralismo dei media». Fnsi: «Grazie presidente»
Il «mondo dell’informazione», e «della carta stampata in particolare», ha «subito anch’esso le conseguenze della pandemia». Un «ripensamento di modello non può prescindere dalla riaffermazione dei fondamentali diritti di libertà che sono il perno della nostra Costituzione e della Ue. Prendo a prestito le parole della risoluzione che il Parlamento Ue ha dedicato alla relazione della Commissione sullo Stato di diritto, in cui viene definita centrale “la protezione della libertà e del pluralismo dei media” e “la sicurezza dei giornalisti”». Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso alla cerimonia del Ventaglio ai giardini del Quirinale.
«Va assicurata –aggiunge il Capo dello Stato – la massima attenzione alla proposta annunciata dalla Commissione Europea di un provvedimento normativo per la libertà dei mezzi di espressione, così come l’annuncio della presentazione, il prossimo autunno, di una direttiva per la protezione dei giornalisti contro le azioni “bavaglio” dirette a far tacere, o a scoraggiare, le voci dei media». E ancora: «Alla cornice di sicurezza entro cui devono poter operare i giornalisti, in virtù della loro specifica funzione, si aggiunge l’esigenza di agire affinché il processo di ristrutturazione e di riorganizzazione del comparto industriale dei media non veda indebolirsi il loro contributo alla vita democratica del Paese», evidenzia Mattarella.
«Garantire rigore e autonomia significa prendere atto che ai giornalisti iscritti all’Ordine e, dunque, chiamati a svolgere un’attività racchiusa nell’ambito di specifiche regole deontologiche, vanno applicate quanto meno garanzie eguali alle categorie di lavoratori, a partire dall’ambito previdenziale, nel quale è ragionevole che valga, per la prestazione pensionistica, la garanzia pubblica assicurata a tutti i lavoratori dipendenti. Lo stesso criterio è bene che trovi applicazione in materia di ammortizzatori sociali», osserva inoltre.
«Le parole del presidente della Repubblica sul pluralismo dell’informazione e sulla necessità di proteggere il lavoro dei giornalisti rappresentano un richiamo per tutti», è il commento di Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Fnsi. «Al Capo dello Stato – proseguono – va il sentito ringraziamento della Federazione nazionale della Stampa italiana perché, come già in altre occasioni nel corso del suo mandato, ha sottolineato il ruolo fondamentale della stampa, evidenziando la necessità di garantirne rigore e autonomia, non soltanto con il rispetto delle regole deontologiche, sempre più spesso calpestate con la certezza dell’impunità, ma anche attraverso specifiche garanzie per il lavoro e per la previdenza».
L’auspicio dei vertici del sindacato «è che all’intervento del presidente della Repubblica possano seguire azioni concrete sia da parte del Parlamento, dove da tempo giacciono proposte di legge per difendere la libertà e l’autonomia dei giornalisti, sia da parte del governo. I richiami del Quirinale, uniti a quelli della Commissione europea nel rapporto sullo Stato di diritto, rendono, infatti, ineludibile, nell’ambito delle azioni per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’apertura di un tavolo per una riforma organica del mondo dell’informazione e del settore editoriale, necessaria – concludono Lorusso e Giulietti – per governare la fase di transizione digitale, rilanciare il mercato del lavoro e garantire la previdenza».
Al centro dell’intervento del presidente Mattarella anche la scuola, con l’esigenza di «tornare a una vita scolastica ordinata e colmare le lacune che si sono formate», il rapporto con l’Europa, il programma Next Generation e il Pnrr, con «gli interventi e le riforme programmate» che «devono adesso diventare realtà», e, naturalmente, il Covid-19, i vaccini e le polemiche sul green pass che stanno caratterizzando gli ultimi giorni. «La libertà è condizione irrinunziabile, ma chi limita oggi la nostra libertà è il virus non gli strumenti e le regole per sconfiggerlo», scandisce. Così come «importante e significativo – prosegue – è stato l’intervento della Corte Costituzionale. Confido che il Parlamento saprà completare il necessario percorso di riforma, assicurando che non si possa mettere il bavaglio alla ricerca della verità e sapendo bilanciare correttamente questo valore con la tutela della reputazione e della dignità delle persone».
Infine un «appello» alla categoria. «Nel giornalismo affiora, talvolta, l’assioma che un’affermazione non smentita va intesa come confermata», dice il Capo dello Stato. «Ad esempio, vista la diffusa abitudine di trincerarsi fantasiosamente dietro il Quirinale quando si vuole opporre un rifiuto o di evocarlo quando si avanza qualche richiesta, il Presidente della Repubblica sarebbe costretto a un esercizio davvero arduo e preminente: smentire tutte le fake news, fabbricate, sovente, con esercizi particolarmente acrobatici. Faccio appello – conclude – alla professionalità dei giornalisti e alla loro etica professionale».
Gist, invalida la delibera di uscita dalla Fnsi. Il Tribunale accoglie il ricorso di tre iscritte
Delibera invalida. Accogliendo il ricorso presentato da tre iscritte, il Tribunale di Milano ha condannato il Gist, Gruppo di specializzazione della Federazione nazionale della Stampa italiana, che con quella delibera aveva deciso l’uscita dal sindacato, al pagamento delle spese di lite in favore delle ricorrenti e ha disposto la sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione assunta dal Gruppo italiano stampa turistica il 14 maggio 2021. Il Gist resta, quindi, a pieno titolo un Gruppo di specializzazione della Fnsi.
La delibera è stata dichiarata invalida in quanto lo statuto del Gist richiede, per l’assemblea straordinaria, la presenza di un numero di soci pari alla metà più uno ed una maggioranza dei due terzi dei partecipanti. Nel caso esaminato dal Tribunale risulta la presenza di 97 soci (a fronte di un numero di soci complessivo pari a 205). «La delibera adottata con la presenza di 97 soci appare invalida», rileva la giudice Martina Flamini.
«In considerazione della modifica statutaria decisa dall’assemblea straordinaria senza il rispetto delle maggioranze previste dallo statuto – si legge nell’ordinanza – appare evidente come ben più gravi siano le conseguenze derivanti dall’esecuzione di una delibera invalida in forza della quale vengono assunte decisioni rilevanti anche per i terzi».
La giudice evidenza anche come in esecuzione della delibera invalida «sono state già assunte decisioni definitive e ben potrebbero esserne assunte altre, comportanti obblighi nei confronti di terzi tali da pregiudicare l’associazione prima della decisione di merito».
Questo provvedimento conferma la validità del percorso seguito dalla Fnsi, che il 15 giugno scorso, con delibera del Consiglio nazionale, ha disposto il commissariamento del Gist. A questo punto il commissario nominato, Paolo Perucchini, presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti, potrà adottare tutti gli atti necessari per ricondurre il Gruppo di specializzazione nell’alveo del rispetto delle norme statutarie, promuovendo, in caso di ulteriore resistenza dei deposti organismi dirigenti del gruppo, azioni di responsabilità.
Media, Agcom: «Preoccupa il vuoto di politica industriale». Lorusso: «Appello a Draghi per affrontare le criticità del settore»
«In Italia l’effetto più evidente (e più preoccupante) è quello dell’indebolimento dell’industria italiana dei media, il cui valore economico è in calo da oltre un decennio. Ciò conferma non solo la fragilità della nostra industria culturale, ma segnala probabilmente anche un vuoto di politica industriale da colmare in un settore che gode di grande prestigio nel mondo quanto a sapienza tecnica e qualità dei contenuti». A lanciare l’allarme è il presidente dell’Agcom, Giacomo Lasorella, durante la presentazione della relazione annuale al parlamento.
Un allarme che «non deve cadere nel vuoto» commenta Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana, per il quale «è necessario che il governo avvii un confronto serrato sul rilancio di un settore vitale per la democrazia italiana, tutelato dall’articolo 21 della Costituzione».
La relazione annuale dell’Agcom, osserva Lorusso, «descrive un quadro preoccupante. Il rischio di infliggere un colpo mortale al pluralismo dell’informazione va scongiurato con interventi strutturali e con una nuova legge di sistema. Così come nel 1981, per governare il passaggio dal piombo alla composizione a freddo, fu messa a punto la legge per l’editoria numero 416, tuttora in vigore, allo stesso modo, oggi, il governo deve mettere tutti gli attori intorno a un tavolo per giungere ad un nuovo impianto normativo che consenta al settore di affrontare la transizione al digitale».
Per il segretario generale della Fnsi, «il vuoto di politica industriale denunciato dal presidente Lasorella rappresenta la principale criticità del settore. Anche di fronte ad un mondo in rapido e in continuo cambiamento, l’approccio delle aziende editoriali è caratterizzato dalla corsa a finanziamenti diretti e indiretti, per lo più a pioggia, dalla riduzione del costo del lavoro e da tagli generalizzati. Fatte salve pochissime eccezioni, non si intravvede una politica industriale né la volontà di affrontare un confronto a tutto campo e senza pregiudiziali su investimenti, trasformazione radicale dei prodotti tradizionali e difesa del lavoro. Da oltre un decennio, prevale la tendenza delle aziende a incentivare le uscite dal mondo del lavoro e a moltiplicare il lavoro precario, senza alcun riguardo alla qualità».
Questa situazione, «unita al quadro di debolezza e difficoltà della stampa italiana descritto nel rapporto sullo Stato di diritto diffuso nei giorni scorsi dalla Commissione europea, richiede, esattamente come per altri settori vitali per il Paese, un intervento deciso e immediato da parte del governo. Per questo – conclude Lorusso – al presidente Mario Draghi rivolgiamo l’appello ad avviare un tavolo per la riforma dell’editoria».
Ordine, il ministero chiude i giochi. «Basta proroghe, si deve votare»
Non sono possibili altri rinvii. Né potranno essere chieste altre proroghe. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e gli Ordini regionali scaduti vanno rinnovati entro la scadenza della proroga concessa dal ministero della Giustizia. Ossia, entro il prossimo 30 settembre. È lo stesso ministero della Giustizia, con una nota formale della direzione Affari generali, a chiarire che è giunto il momento di votare, precisando che, nel caso in cui non fossero terminate la procedure per l’acquisizione della piattaforma per il voto elettronico, il voto dovrà avvenire in presenza.
Il ministero della Giustizia chiede al Cnog di conoscere la data delle elezioni, non ancora fissata. «Con riferimento alla questione di cui all’oggetto, tenuto conto dell’approssimarsi della scadenza del termine non superiore a centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge 1 aprile 2021, n. 44 (“Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19, in materia di vaccinazioni anti Sars-coV-2, di giustizia e di concorsi pubblici”), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 79, per la indizione delle elezioni per il rinnovo degli organi consiliari in scadenza (art. 7), – scrive la direzione Affari generali – si chiede di fornire indicazioni in ordine alla data individuata da codesto Consiglio e alle modalità di esercizio del voto. Preme sul punto rappresentare che, qualora non sia possibile, per qualsivoglia ragione, svolgere le elezioni con modalità telematiche, sarà comunque necessario che la tornata elettorale sia tenuta con le modalità ordinarie ossia, di presenza, sia pure con l’adozione delle cautele ritenute più opportune dagli Ordini interessati per prevenire il rischio epidemiologico, al fine di evitare la prosecuzione del mandato degli organi scaduti e di consentire il ricambio fisiologico delle cariche elettive della categoria professionale».
Giornalisti minacciati, 110 episodi nel 2021. I nuovi dati del Viminale
Sono 110 gli episodi di intimidazione nei confronti dei giornalisti censiti al 30 giugno 2021 dall’Osservatorio cronisti minacciati del Viminale: l’11 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Di questi 18 sono riconducibili a contesti di criminalità organizzata, 36 a contesti politico/sociali, 56 riferibili ad altre fattispecie. È solo uno dei dati riportati nell’aggiornamento del report redatto dall’Organismo di supporto al “Centro di coordinamento per le attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti” del ministero dell’Interno.
Le intimidazioni avvenute tramite web sono state 55, pari al 50 per cento del totale; 19 le aggressioni fisiche; 18 gli episodi di minacce verbali; 9 le lettere minatorie; 6 i casi di danneggiamento e 3 gli episodi di scritte minacciose/ingiuriose registrati dalle forze dell’Ordine. Facebook si conferma il mezzo web più usato per minacciare i giornalisti.
Trenta, il 27 per cento del totale, gli episodi ai danni di giornaliste.
Le regioni che nel primo semestre del 2021 hanno fatto registrare il maggior numero di casi sono Lazio, Lombardia, Sicilia, Toscana ed Emilia Romagna: è qui che si sono verificati 72 episodi (il 65 per cento del totale degli atti intimidatori consumati nel periodo in riferimento). Sparsi in altre 11 regioni i rimanenti 38 eventi censiti. Roma la provincia in vetta alla classifica dei territori più “pericolosi” per i giornalisti, seguita da Milano, Napoli, Livorno e Palermo.
«Nell’arco dell’ultimo triennio – annota infine il Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza della Direzione centrale della polizia criminale – gli atti intimidatori riconducibili alla matrice della criminalità organizzata si sono attestati al di sotto del 20% del totale dei casi, mentre i contesti socio/politici e gli altri contesti appaiono esser alla base della gran parte delle minacce rivolte ai giornalisti».
PER APPROFONDIRE
Il report del Viminale con i dati aggiornati al 30 giugno 2021 è disponibile qui.
Contrasto alle azioni legali bavaglio, si muove la Ue e si mobilita la società civile
Durante la presentazione della seconda relazione sullo stato di diritto della Commissione europea – a cui anche Obct ha dato il suo contributo rispondendo alla consultazione su Italia, Croazia e Bulgaria – si è parlato anche di Slapp (Strategic lawsuits against public participation). Non è un caso. La questione è infatti in agenda da tempo e Vera Jourova, vicepresidente e commissaria per i Valori e la Trasparenza, ha ribadito come per misurare la situazione dello stato di diritto sia fondamentale valutare la situazione dei media e la sicurezza dei giornalisti, perché – ha dichiarato in conferenza stampa – «la libertà dei media e il pluralismo costituiscono una delle quattro colonne portanti della relazione sullo stato di diritto» (insieme a sistema giudiziario, misure anti-corruzione e equilibrio dei poteri). «I giornalisti – ha sottolineato – devono essere in grado di fare il proprio mestiere e di fare domande, senza paura né condiscendenza. Un attacco a un giornalista è un attacco alla libertà di stampa e alla democrazia».
Tra le diverse minacce che colpendo i giornalisti colpiscono la democrazia, la vicepresidente della Commissione Europea ha quindi citato le Slapp, le cause temerarie: «Stiamo lavorando a misure per combattere le liti temerarie ai danni di giornalisti e difensori dei diritti umani».
Si tratta di un impegno annunciato e ribadito più volte, e ufficializzato in diversi documenti, tra cui il piano di lavoro della Commissione per il quarto trimestre di quest’anno; per richiamare la Commissione a questa responsabilità sta intervenendo anche il Parlamento europeo, con un’iniziativa che in queste settimane è approdata in aula e che dovrebbe chiudersi entro ottobre.
L’attenzione delle istituzioni europee è finalmente concreta, e come è stato detto anche durante il webinar organizzato da Obct a fine giugno, “Slapp: l’abuso del diritto per zittire le voci critiche“, al lavoro di monitoraggio, segnalazione e documentazione di cui si stanno occupando tanti soggetti diversi, dovrebbe seguire al più presto un intervento normativo.
Il momento sembra propizio, la mobilitazione della società civile che ha unito le proprie forze nella CASE, coalizione anti-Slapp di cui fa parte anche Obct, è così culminata in una petizione online: alla vicepresidente Jourova e al commissario alla Giustizia Didier Reynders si chiede di fare qualcosa e di farlo in fretta. «Stabilire regole di diritto europeo che possano prevenire l’avvio di cause giudiziarie strategiche volte a contrastare la partecipazione pubblica (Slapp) – si legge nella lettera indirizzata alla Commissione Europea – è un obiettivo alla nostra portata. Una direttiva europea anti-Slapp fornirebbe uno schermo di protezione forte e uniforme contro le azioni Slapp avviate in tutti gli stati membri della Ue e servirebbe anche da modello per paesi europei al di fuori dall’Unione e oltre».
In pochi giorni si sono toccate le 60mila adesioni, e di giorno in giorno i numeri crescono. Il tema riguarda tutti, perché ad essere colpiti da cause temerarie e querele bavaglio sono non solo giornalisti, ma anche blogger, attivisti, difensori dei diritti umani. Si tratta quindi di chiedere che l’abuso degli strumenti legali non diventi un’arma nelle mani del potente di turno infastidito da chi parla a difesa dell’interesse pubblico.
Le adesioni si raccolgono qui.
PER APPROFONDIRE
L’articolo integrale, dal titolo ‘Contro le Slapp si muove l’Ue e si mobilita la società civile’, a firma di Paola Rosà, è pubblicato sul sito web di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa (qui il link diretto).