Archivio mensile:Gennaio 2013

Imu, a Napoli senza abusivi buco da 40 milioni di euro

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L’Imu? La pagano anche gli abusivi. Sono 85mila i napoletani che hanno fatto richiesta di condono edilizio e che dovrebbero versare regolarmente l’imposta sulla casa, per un gettito presunto che supera i 40 milioni di euro.
Sono 55.379 le pratiche relative ai condoni del 1985, 1994 e 2003 sul tavolo dell’assessorato. Oltre a queste ce ne sono altre 30mila che non sono mai state analizzate. Fino a quando le pratiche non saranno chiuse, e non sarà disposta la sanatoria, i proprietari delle case rischiano di perdere quello che hanno. Per 16.837 è già stata firmata l’ordinanza di demolizione (per ora solo per il 4% di questi è stata eseguita). Ci sono, poi, situazioni più gravi: circa 25mila, che riguardano grandi abusi e violazioni in aree sottoposte a vincolo. Anche per gli abusi totali, gli immobili sono stati accatastati, volontariamente o d’ufficio, e i proprietari devono pagare le tasse: l’Imu, ma non solo, anche la Tarsu, e chiaramente le utenze per le quali ci sono regolari contratti residenziali.Foto panoramiche dall'elicottero della Polizia
Insomma, sono abusivi, ma hanno regolari contratti con i fornitori di energia elettrica, dell’acqua, del gas. Sono abusivi, ma come se fossero in regola, pagano l’Imu e la Tarsu. Un paradosso che vede da una parte dei cittadini che hanno violato le regole e dall’altra un’Amministrazione inetta che da decenni accumula pratiche senza riuscire a venirne a capo. Una formula che porta, comunque, dei soldi nelle casse dell’amministrazione: circa 2mila euro a pratica (110 milioni per le 55mila avviate).
Un’associazione, che riunisce circa 6mila iscritti, ora annuncia il ricorso alla Corte Europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo perché a chi è stata abbattuta la casa venga garantito il diritto costituzionale ad avere un tetto. Una vera e propria class action contro l’Amministrazione. L’associazione si chiama Qu.Vi. e il presidente è Rachele Mele, dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione, residente a Pianura. Proprio così, Pianura, quartiere nato abusivamente sotto gli occhi inerti dell’Amministrazione pubblica. «Noi riteniamo che l’abusivismo edilizio sia un reato grave – afferma la Mele – Ma allo stesso tempo crediamo che l’assenza di una politica per la casa abbia dato spazio alla speculazione edilizia. Le Amministrazioni hanno lasciato fare perché così conveniva: meglio ritrovarsi un palazzo già realizzato, con delle case già assegnate, piuttosto che gestire costose e complesse procedure. Sanare costa meno. Il problema è che il Comune, ma non solo quello di Napoli, non ha neanche gestito gli strumenti con i quali si poteva sanare una situazione assurda: i condoni. Sono pochissime – evidenzia la presidente di Qu.Vi. – le sanatorie rispetto alle richieste di condono che giacciono da anni, alcune dal 1985, sul tavolo dell’assessorato». «Il paradosso è che sulle case abusive, che non vengono sanate, dobbiamo pagare anche le tasse – sottolinea – Assurdo. Decidano: o ci sanano le case, oppure ci rimborsino le tasse che ci hanno fatto pagare. Perché il pericolo – dice la “pasionaria” di Pianura – è che, da un giorno all’altro, qualcuno si ritrovi con la casa abbattuta. Prima hanno tollerato gli abusi, perché non c’era una politica per la casa, oggi usano le ruspe come se potessero cancellare gli errori di 30 anni». «Anche in questo caso, però, non hanno tenuto conto di chi si ritrova senza casa – dice la Mele – Arrivano le ruspe, una famiglia si ritrova in mezzo ad una strada, e con 100mila euro da pagare per l’abbattimento. Il nostro obiettivo è ottenere una politica per la casa e che sia fatta giustizia. Colpire un poveraccio qualsiasi non cancella decenni di errori e connivenze».

Auschwitz, così si moriva nelle camere a gas

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Nel giorno della memoria, contro chi nega la memoria, pubblico sul mio blog un brano dell’autobiografia di Rudolf Hoss, comandante ad Auschwitz. Nel brano si parla del progetto di sterminio degli ebrei e dei primi esperimenti per uccidere i prigionieri nelle camere a gas.
“Per volontà di Himmler, Auschwitz divenne il piu grande centro di sterminio di tutti i tempi. Allorché, nell’ estate del 1941, mi comunicò personalmente l’ordine di allestire ad Auschwitz un luogo che servisse allo sterminio in massa, e di realizzare io stesso tale operazione, non fui in grado di immaginarne minimamente la portata e gli effetti. In effetti, era un ordine straordinario e mostruoso, ma le ragioni che mi fornì mi fecero apparire giusto questo processo di annientamento. A quel tempo non riflettevo: avevo ricevuto un ordine ed era mio dovere eseguirlo. Non potevo permettermi di giudicare se questo sterminio in massa degli ebrei fosse o no necessario, la mia mente non arrivava tanto in là. Se il Fuhrer in persona aveva ordinato la «soluzione finale della questione ebraica », un vecchio nazionalsocialista, e tanto piu un ufficiale delle SS, non poteva neppure pensare di entrare nel merito. «Il Fuhrer comanda, noi obbediamo», non era certo una frase né uno slogan, per noi. Era un concetto preso terribilmente sul serio.”

“La gasazione venne effettuata nelle celle di detenzione del block II. Io stesso, proteggendomi il viso con una maschera antigas, assistetti all’uccisione. La morte sopravveniva nelle celle stipate, subito dopo l’immissione del gas. Un breve grido, subito soffocato, e tutto era finito. Durante la prima esperienza di gasazione cui assistetti, non riuscii a realizzare appieno ciò che accadeva, forse perché troppo impressionato dall’insieme delle operazioni. Ricordo invece piu nitidamente la gasazione, immediatamente successiva, di 900 Russi nel vecchio forno crematorio, dacché l’utilizzazione del block II comportava troppe difficoltà. Mentre ancora durava lo sbarco dal treno, nella copertura di terra e cemento armato della camera mortuaria vennero praticate delle aperture. I Russi vennero obbligati a spogliarsi nell’anticamera, e poi entrarono tutti tranquillamente nella camera mortuaria, dove era stato detto che sarebbero stati spidocchiati. Lo spazio conteneva giusto l’intero trasporto. La porta venne sbarrata e dalle aperture venne fatto entrare il gas. Non so quanto sia durata questa uccisione, ma per un certo tempo si intese ancora come un ronzio. Al momento dell’immissione, alcuni urlarono «gas! » e si levò come un ruggito, mentre gli uomini cercavano di forzare le porte, che tuttavia non cedettero. Parecchie ore dopo, le porte vennero aperte e fu fatta entrare l’aria. Allora per la prima volta vidi in grande quantità i cadaveri di individui gasati, e ciò provocò in me un malessere, un brivido, benché mi fossi figurata peggiore la morte col gas. Avevo sempre immaginato un orribile soffocamento, mentre invece i cadaveri non mostravano affatto tracce di contrazioni o di spasimi. Come mi spiegarono poi i medici, l’acido prussico agiva sui polmoni con un effetto paralizzante, ma talmente repentino e violento da non provocare fenomeni di vero soffocamento, come avviene per il gas illuminante o, in generale, per l’assenza di ossigeno nell’aria”.

Salvi Edenlandia e Zoo, il colpaccio di Alfredo Villa

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L’asinello nato nell’ultima settimana allo Zoo di Napoli

Zoo ed Edenladia non scompariranno dal futuro di Napoli. Ieri la svolta. Il Cda della Mostra d’Oltremare, proprietaria dei suoli, ha accettato l’offerta di affitto della ClearLeisure Plc: 400mila euro all’anno. Il 31 gennaio era prevista la chiusura della procedura fallimentare, un no alla proposta di locazione avrebbe determinato irrimediabilmente la chiusura delle strutture.
LE PRESSIONI. Determinanti sono state certamente le pressioni da parte del sindaco Luigi de Magistris. Licenziare 70 lavoratori e sfrattare i 300 animali, cancellare due strutture storiche della città, avrebbe rappresentato per l’Amministrazione una sconfitta enorme, con gravissime ripercussioni sull’immagine dello stesso primo cittadino. Gli assessori sono stati chiari durante il vertice in Prefettura di giovedì scorso: «Evitare in qualsiasi modo i licenziamenti, lo vuole il sindaco». Ma non c’è solo questo.
LE TRATTATIVE. Si partiva da un canone annuale di 850mila euro, che, dopo lunghe ed estenuanti trattative, era stato ridotto a 500mila euro. Il presidente della Mostra, Andrea Rea, non aveva alcuna intenzione di cedere. Per un’area di 128mila metri quadrati e per un brand come Edenlandia, un’ulteriore svalutazione avrebbe rappresentato una speculazione «inaccettabile». Per questo la stessa Mostra d’Oltremare ha cominciato a lavorare ad un’offerta, cercando di riunire una cordata di imprenditori disposti ad offrire di più. Ma sul tavolo del giudice fallimentare continuava a restare una sola proposta, quella della società svizzera quotata in Gran Bretagna ClearLeisure (che fino al 5 dicembre si chiamava Brainspark). La proposta iniziale era di 350mila euro annuali. Le trattative portate avanti dal curatore fallimentare Salvatore Lauria sono riuscite a far salire la cifra prima a 380mila euro, poi a 400mila euro. Troppo poco. Rea sotto i 500mila euro non sarebbe mai sceso, pressioni o meno.
LA SVOLTA. La soluzione è arrivata nella nottata di giovedì. A trovarla è stato lo stesso Lauria: escludere dall’area da dare in concessione Villa Leonetti, inizialmente residenza dei fondatori del giardino zoologico e poi, negli anni, diventata anche stazione sperimentale della Facoltà di Zoologia. Dal punto di vista immobiliare, certamente la struttura più prestigiosa. Poco prima della mezzanotte arriva l’email con l’ok del Ceo della ClearLeisure, Alfredo Villa. Ieri mattina, poi, il sì di Mostra d’Oltremare. Tutto risolto.
LE PROSSIME TAPPE. Il piano della ClearLeisure prevede un investimento iniziale di 1.075.000 euro da destinare alla procedura fallimentare, l’assunzione di tutti i lavoratori e 75mila euro da destinare al Tfr. Il progetto, invece, prevede un investimento di circa 5 milioni di euro. Nella cordata guidata dall’imprenditore svizzero Villa, ci sono anche il napoletano Francesco Floro Flores e l’ad del parco acquatico di Novara “Ondaland” Massimiliano Coda. Le prossime tappe della procedura prevedono, tra lunedì e martedì, la firma del decreto di aggiudicazione al quale seguirà il trasferimento d’azienda con la quale la società britannica acquisirà le attività della fallita “Park&Leisure”. Poi si partirà con la cassa integrazione per i lavoratori prima della loro integrazione nella nuova società. Grande soddisfazione è stata espressa dal curatore fallimentare Lauria che ha condotto le trattative. «Per festeggiare l’evento – afferma Lauria – domenica ci sarà l’Edenlandia day (una giornata dedicata a tutti I bambini della città di Napoli e della Regione Campania). In tale occasione ogni biglietto di ingresso (sia per le giostre che per la visita allo Zoo di Napoli) sarà ridotto alla metà. Alle ore 12 nel Palaeden grande e gratuito spettacolo di illusionismo di Hamady e al termine fuochi d’artificio per la rinascita del posto più magico della Città».

L’EX RE DEL PORNO. Chi è il manager che ha deciso di rilevare Edenlandia e Zoo? Alfredo Villa, 51enne della svizzera italiana, con origini valtellinesi, si laurea a Ginevra in Economia. Non è troppo simpatico ai giornali del Canton Ticino, che parlano di lui come un uomo dalla «fervida fantasia finanziaria». Innegabile, però, il suo successo. Successo che comincia in una delle più grandi società mondiali che si occupano di pornografia, la Private media group, quotata nel listino Nasdaq di New York; in Ticino entra nelle società finanziarie Soginvest e Giginv

Alfredo Villa

Alfredo Villa

est. In Italia ha tentato nel 2010 anche l’ingresso nel mondo del calcio, rilevando parte delle quote dell’Ancona. Ma il suo fiore all’occhiello è rappresentato proprio dalla Brainspark, società che si occupa di attività legate al tempo libero, che nel 2012 si è trasformata in ClearLeisure. In realtà si tratta di un gruppo che gestisce moltissime attività. Si va da Ora Hotels (con strutture in Italia e in Africa), al parco acquatico Ondaland di Novara (in Piemonte è in costruzione anche il parco di Endora, tutto al coperto), al resort di Porto Cervo, a Sosushi (18 ristoranti giapponesi in Italia), poi ci sono i tour operators (My Africa, Compagnia dei Viaggiatori, Unaltrosole, Staff&Co), una società immobiliare (Sforza), una di progettazione architettonica (Mediapolis). Non è solo questo, ma tra le tante società si trova anche Sixlove, “il primo network di motel-hotel per il piacere adulto”, che per ora ha strutture solo a Torino e Barcellona, per chi ricerca un’avventura diversa. Ma Edenlandia è un pallino di Villa già dal 2011, prima del fallimento della Park&Leisure di Cesare Falchero. Sul Corriere di Ticino, nel giugno 2011 (il fallimento risale all’ottobre seguente), si parlava già di una sua offerta: 8 milioni di euro per rilevare il parco napoletano. Insomma, il fallimento della società è stato un colpaccio con un risparmio notevole: poco più di un milione subito e poi 4,5 milioni per il progetto.

IL COMMENTO DELL’EX PATRON. «Sono molto contento della decisione, contento per Napoli che non perde dei pezzi di storia come il Parco Edenlandia e lo Zoo, contento per tutti coloro che ci lavorano e per tutti coloro che hanno continuato a crederci. Ringrazio il giudice Graziano per il grande impegno profuso per aver fatto in modo di non far morire dette attività che per amore e storia sono legate al nome della mia famiglia». A parlare è Cesare Falchero, patron dell’Edenlandia da sempre, da quando fu aperta nel 1965, fino al fallimento della società Park&Leisure. Le giostre della sua famiglia trovarono sistemazione definitiva in quell’area di Fuorigrotta dopo essere state in Villa Comunale, a piazza Municipio, alla Mostra d’Oltremare e in altri luoghi della città.

Caos tabelloni elettorali, il Comune sbaglia il bando

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Il Comune di Napoli sbaglia il bando per gli spazi dedicati alla propaganda elettorale. Un bel guaio, perché proprio oggi scade il termine per l’installazione dei tabelloni (la legge prevede 30 giorni prima della scadenza elettorale). L’appalto aggiudicato per 346.060 euro (286.000 euro più 60.060 di Iva) prevede 20mila metri quadrati di spazi (fino ad un massimo di 30mila), esattamente quanti ne sono concessi per il Referendum. Per le consultazioni politiche si deve tenere conto del numero di liste che vengono presentate. Ma questo i tecnici di Palazzo San Giacomo non lo hanno considerato. Per le 18 formazioni ammesse alle elezioni è necessario il triplo dello spazio concesso dal Comune di Napoli (tra i 60mila e gli 80mila metri quadrati). Un problema serissimo, che non può essere sottovalutato. Il mancato rispetto delle norme che regolano la propaganda, infatti, può essere motivo di scioglimento del consiglio comunale.
Tra gli uffici di piazza del Municipio è cominciato un rimpallo di accuse tra dirigenti e uffici. Pare che sia stato copiato e incollato il bando del Referendum. Allora come hanno deciso di risolvere il problema? Per prima cosa è stata data esecuzione all’appalto assegnato, con l’installazione dei tabelloni: “Cominciamo a mettere questi”, avranno pensato bene al Comune. Per gli altri impianti la scelta è stata difficile. Qualcuno ha proposto di integrare il bando già assegnato, ma questo sarebbe stato possibile soltanto per motivi di massima urgenza, ed un errore materiale non giustifica questa procedura. L’unica possibilità, quindi, è stata quella di avviare una nuova gara in fretta e furia che ieri mattina non era stata ancora completata.
Oggi, certamente, sarà tutto a posto, si spera, perché proprio da oggi comincia la propaganda regolata dalla legge e potranno essere utilizzati esclusivamente i tabelloni installati dal Comune di Napoli. Niente più propaganda selvaggia con megamanifesti occupati dai partiti più grandi. Anche se, come succede ogni volta, accanto alla campagna elettorale ufficiale se ne consumerà un’altra, tutta abusiva, fatta di manifesti affissi la notte da squadre di fedelissimi assoldati dai politici legati ai quartieri. A vigilare su eventuali irregolarità nelle affissioni ci sarà la polizia amministrativa di Palazzo San Giacomo. Gli stessi agenti dovranno anche verificare la corretta installazione di tutta l’impiantistica e verificarne il collaudo. Solo dopo che sarà completata questa operazione le imprese aggiudicatarie degli appalti potranno essere pagate. Eventuali tabelloni danneggiati, dovranno essere immediatamente sostituiti. Questo proprio a garanzia della pluralità e del diritto di tutte le formazioni politiche ad avere lo stesso spazio.
Gli impianti che spunteranno in ogni luogo, davanti a palazzi storici e a panorami mozzafiato, dovranno essere rimossi entro 14 giorni dalla fine delle elezioni. Ogni giorno di ritardo nella rimozione costerà 200 euro di penale. Poca roba.
Ma a rischiare, per il pasticcio del bando, è anche l’Amministrazione comunale. Se i termini non saranno rispettati, potranno partire i ricorsi da parte dei partiti e delle liste che si possono ritenere, eventualmente, danneggiati. Ma a Palazzo San Giacomo sono tranquilli e assicurano: tutto regolare.

Edenlandia, corsa contro il tempo. La Mostra lavora ad una nuova offerta

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È corsa contro il tempo per salvare Edenlandia e Zoo. Entro il 31 gennaio scade l’ultima proroga per la curatela fallimentare. Se non si troverà un investitore, i 70 lavoratori saranno licenziati, i beni svenduti e i 300 animali saranno affidati al Comune che dovrà occuparsi dello sgombero delle aree. Ma potrebbe presentarsi una sorpresa: un nuovo investitore con il quale sta trattando direttamente la Mostra d’Oltremare, ente partecipato proprietario dei 128mila metri quadrati di terreno nei quali sono compresi Edenlandia (28mila), Zoo (80mila) e Cinodromo (20mila). Nulla di definitivo e di definito per ora, c’è poco tempo e l’impresa di mettere insieme tutti i tasselli di un’offerta valida è complicata, ma non disperata. Ci crede il presidente della Mostra Andrea Rea che, secondo fonti interne, ci sta lavorando personalmente. Un mese di tempo in più avrebbe certamente reso le cose più agevoli.
LE OFFERTE PRESENTATE. Svanito il megaprogetto disegnato dal curatore fallimentare Salvatore Lauria, nel bando da 7 milioni di euro dello scorso luglio, si procede con la trattativa privata. L’unica offerta pervenuta è quella dell’imprenditore Alfredo Villa, titolare della società britannica Brainspark, al quale si è affiancato anche l’imprenditore napoletano Francesco Floro Flores. Rispetto ai 4,7 milioni di euro (esclusi i 2,3 per il restyling) del bando, l’offerta degli inglesi è di un milione di euro, più 75mila euro per il Tfr dei lavoratori e la garanzia dell’assunzione di tutti i dipendenti. A questi investimenti si devono aggiungere 1,5 milioni di euro per la manutenzione. Ma il nodo della questione resta quello dell’affitto dell’area da versare alla Mostra d’Oltremare. Rispetto alla richiesta iniziale di 800mila euro all’anno (il canone pagato dal gestore precedente era di un milione di euro), la Brainspark ha offerto inizialmente 350mila euro. Per l’Ente di piazzale Tecchio un’offerta assolutamente insoddisfacente rispetto al contratto ventennale e al valore delle aree. Tuttavia, il Cda della Mostra si è impegnato ad abbassare il canone fino a 500mila euro. Villa è riuscito ad arrivare, nell’ultima proposta, fino a 380mila euro. Non basta. Secondo i bene informati, i vertici della Mostra non credono alla proposta di un investitore non disposto a versare un canone già enormemente ridotto rispetto alla grandezza dell’area e ad un brand dai risultati garantiti come Edenlandia. Riserve sono state espresse anche sul progetto, messo su in fretta e furia. Troppo minimal, secondo la Mostra. Tuttavia, la risposta definitiva verrà data dopo la riunione del Cda di venerdì pomeriggio.
LA VERTENZA SINDACALE. L’assessore comunale al Lavoro Enrico Panini, ha nuovamente incontrato una delegazione di lavoratori e le Organizzazioni sindacali dello Zoo e di Edenlandia. Sindacati e lavoratori hanno espresso forte preoccupazione per la loro situazione occupazionale. Durante l’incontro l’assessore, è evidenziato in un comunicato, «ha ripercorso le tappe del costante impegno messo in campo dal Comune di Napoli, che non scopre certo oggi l’esistenza di una risorsa da salvaguardare e difendere per la città e per garantire l’occupazione. Per altro zoo e parco sono collocati in un contesto, quello dell’area flegrea, per il quale il Comune sostiene un’importante azione di valorizzazione complessiva considerandola come un bene primario della collettività cittadina, e non solo». A conclusione dell’incontro l’assessore ha rassicurato i lavoratori e le organizzazioni sindacali circa la determinata volontà dell’Amministrazione comunale di evitare il fallimento e di sostenere con il proprio consenso tutto ciò che consentirà di fare uscire dalla crisi l’intero impianto, dare certezze occupazionali, garantire lo sviluppo dell’area, ricercando tutte le mediazioni necessarie.
EMERGENZA ANIMALI. Intanto, all’alba di ieri un’asina di circa 8 anni ha dato alla luce un cucciolo nello zoo di Napoli. I dipendenti hanno annunciato che le derrate alimentari ancora disponibili per i 300 animali della struttura stanno per terminare. Notizia smentita seccamente dal curatore fallimentare. Su questa notizia, tuttavia, i Verdi Ecologisti e Italia Animalista in movimento domani manifesteranno fuori il parco Zoo di Napoli alle 10 portando cibo agli animali e solidarietà ai lavoratori. «Non consentiremo – dichiarano il commissario campano dei Verdi Ecologisti Francesco Emilio Borrelli e Pino Cipollaro di Italia Animalista in Movimento – che gli animali ospiti del parco Zoo muoiano di fame».

Coppa America cancella le World Series: sono inutili Resta solo la tappa di Napoli

La tappa napoletana del 2012 dell'America's Cup World Series

La tappa napoletana del 2012 dell’America’s Cup World Series

La Coppa America a Napoli? Si farà, ma per gli organizzatori è solo un obbligo contrattuale e, in fondo, è l’unico evento nel quale ci guadagnano qualcosa. Per il resto, per le altre tappe, il business non c’è, per questo l’Acea cancella non solo la tappa di Venezia, sulla quale si è scatenata una guerra che è finita in tribunale, ma anche gli eventi previsti a New York. L’America’s Cup World Series, evento collaterale alla Coppa America e di nessun valore rispetto alla gara ufficiale, è solo una grande operazione dei marketing che perde di senso se non porta abbastanza sponsor e denaro nelle casse dell’organizzazione. Rinunciarvi è uno dei tanti effetti nefasti della crisi economica mondiale. Insomma, né aziende né amministrazioni pubbliche investono su un evento di puro marketing. Del resto, in imprese che devono fare i conti con la carenza di liquidità, la comunicazione rappresenta una delle prime voci delle spese da tagliare. Succede ovunque, tranne che a Napoli, dove l’immagine resta ancora l’investimento più importante. L’Amministrazione comunale è sull’orlo del dissesto, non riesce a tappare neanche le buche in strada, ma ha già anticipato due delle quattro rate previste sui cinque milioni di euro dei diritti (insieme con Regione e Provincia che neanche se la passano bene). Un vero paradosso. Gli americani affidano ad un edulcorato ma chiarissimo comunicato le motivazioni delle loro scelte. Si legge che, «nel tentativo di concentrare l’attenzione globale sul trofeo sportivo più prestigioso nel mondo della vela, l’America’s cup event authority (Acea) ha deciso di archiviare l’America’s Cup World Series dopo l’evento in programma la prossima primavera. Acea avrà così modo di concentrarsi sulla “Summer of Sailing” che inizierà con la disputa della Louis Vuitton Cup, prevista a partire dal prossimo 4 luglio, e che si concluderà con la disputa delle finali dell’America’s Cup, in programma a partire dal 7 settembre». «Le regate in programma nella baia di San Francisco saranno spettacolari – afferma Stephen Barclay, Cei di Acea – La Louis Vuitton Cup vedrà tre sfidanti molto competitive darsi battaglia per acquisire il diritto di sfidare l’attuale Defender, Oracle Team Usa».
«Acea ha, quindi, deciso di abbandonare l’idea di far disputare un doppio appuntamento delle America’s Cup World Series a New York, un progetto rimasto per lungo tempo sul tavolo del management». Barclay ha aggiunto che «l’evento di Napoli rimane invece sul calendario, in quanto due dei quattro pagamenti previsti sono già stati saldati da parte della città». Barclay ha inoltre ribadito la necessità di mantenere «l’organizzazione focalizzata sugli eventi finali di San Francisco, affermando che Acea non poteva organizzare regate i cui costi non sono stati pienamente recuperati o dove le complicazioni commerciali avrebbe eroso il successo delle manifestazioni estive». Traduzione: Napoli resta perché paga.
Per il resto la città si organizza per la tappa che si terrà dal 16 al 21 aprile. O tenta di farlo. È stato già pubblicato un prebando per l’organizzazione degli eventi e la realizzazione dell’Area tecnica e del Public Village, nonché dell’organizzazione degli eventi. Le novità quest’anno saranno: un villaggio più ampio, eventi concentrati soprattutto la sera e l’accesso, attraverso un corridoio, nell’area riservata ai team. Resta irrisolto il nodo più importante: quello della scogliera usa e getta realizzata l’anno scorso e sulla quale pesa il veto della sovrintendenza che ne aveva disposto la rimozione.

Ecco chi non vuole il lungomare liberato

CAOS LUNGOMARE

Ecco il lungomare che vorrebbero i lungimiranti oppositori della pedonalizzazione

Penso a tutti quelli che non vogliono il cosiddetto lungomare liberato e penso a cos’era il lungomare prima di adesso: un’autostrada di giorno, supertrafficata la mattina presto (alle 8 era possibile restare imbottigliati anche 40 minuti per percorrere un chilometro), la sera era il regno dei parcheggiatori abusivi, con auto in sosta anche in quarta fila. Una vergogna infinita. Sul marciapiede disastrato poche persone a passeggiare e correre durante la settimana, per le ragazze impossibile non imbattersi nei soliti idioti che, quando va bene, urlano qualche parola pesante. Per non parlare della sera: un deserto, dove ora è deserto, con l’aggiunta dello squallore di camminare ai bordi di una superstrada. Chi ha perso la memoria per negare questo? L’hanno persa certamente le signore ingioiellate che questa mattina hanno protestato insieme a qualche altro anziano signore in piazza Vittoria; i particolarissimi e numerosissimi comitati e associazioni uninominali (quelli rappresentati soltanto dal fondatore); e qualche politico senza argomenti. Nonostante il clamore sui giornali e sui socialnetwork, la manifestazione di protesta è stata un vero flop. Queste persone sono l’immagine triste della città. Il lungomare liberato ha ridato a Napoli il mare, uno spazio godibile, un’immagine spendibile (insieme alle altre conquistate nell’era Bassolino). Qualcuno confonde un progetto urbanistico vecchio come il cucco con una rivoluzione politica e ideologica (il piano di “liberazione” è nei cassetti del Comune da 30 anni), questo vuol far credere anche il sindaco, al quale conviene certamente appropriarsi di un’icona che funziona da 500 anni. Opporsi al lungomare liberato per opporsi alla rivoluzione arancione è come confondere il dio con il suo feticcio. Ma queste persone, che abitualmente confondono la città colo proprio orticello, il proprio interesse con quello collettivo, rinuncerebbero volentieri alla bellezza pur di poter parcheggiare l’auto davanti al ristorante che dista duecento metri da casa.

 

Terme di Agnano ai privati, c’è il bando

Terme di Agnano cerca un gestore privato. Il buco in bilancio da 1,5 milioni e i problemi di gestione della società partecipata del Comune non possono essere risolti solo con la cassa integrazione (il Cda ha dichiarato un’eccedenza di 43 lavoratori sugli 83 in organico). Un taglio sul personale non farebbe altro che incidere negativamente sui servizi (già affidati in parte a personale esterno). Per questo il Comune di Napoli ha trovato un’altra soluzione. Per ora è stato pubblicato un bandoterme bando Napoli Apertura del centro "Benessere" alle terme di agnano, un’indagine esplorativa per capire se ci sono degli imprenditori decisi ad investire sul megacomplesso di Agnano. Una struttura che, se adeguatamente gestita, potrebbe rappresentare un attrattore per la città. Non lo è, nonostante le enormi potenzialità. Nessun manager, finora assoldato dal Comune, è riuscito a dare la giusta spinta nelle strategie di marketing per garantire un futuro all’unico grande impianto termale nella città. In realtà, per molto tempo la gestione ha fatto affidamento sulla convenzione con l’Asl Napoli 1 per l’area sanitaria: incassi sicuri, che con la grande crisi della Sanità sono diventati buchi in bilancio. Solo dal 2009 l’area benessere (con la Spa e le piscine esterne) ha aperto ed ha cominciato ad essere utilizzata adeguatamente. Ma mai sono state utilizzate e sfruttate tutte le strutture del complesso.
Ora, entro il 15 febbraio qualcuno dovrà presentare un’offerta congrua per la gestione dell’intera area che comprende albergo e ristorante, Spa e piscine esterne, le terme in convenzione con l’Asl, l’area sportiva (con il percorso vita, il percorso ciclabile, il golf), l’area archegologica (con le antiche terme romane e la grotta del cane), la palazzina ex Inalazioni, quella degli ex fanghi di prima classe, e quella dell’imbottigliamento (sorgenti di acqua minerale).
Nel bando sono evidenziate le caratteristche che deve avere l’impresa o il pool di imprese che dovrà gestire le Terme, ma non si parla di costi. Si dice che il soggetto, nazionale o internazionale, deve avere comprovata esperienza nella gestione di strutture simili e un capitale sociale minimo di mezzo milione di euro. Vengono chieste delle garanzie come il mantenimento degli attuali livelli occupazionali. Sui costi di gestione, sulle opere di ristrutturazione e su tanti altri particolari fondamentali per redigere un piano industriale non si dice una parola.
Tutto molto vago e sintomatico di una crisi profonda sulla quale non c’è un indirizzo chiaro da parte dell’Amministrazione comunale. Dare in gestione il complesso, infatti, non significa cederlo ai privati, liberarsi di una società partecipata inutile come si era fatto intendere e come è stato evidenziato nero su bianco dall’ex assessore al Bilancio, Riccardo Realfonzo.
Si continua a procedere a tentoni. Su gran parte della struttura bisogna intervenire con importanti interventi di restauro. L’albergo, per il quale erano stati stanziati dei fondi, resta misteriosamente ancora fatiscente. Le due piscine esterne mancano dei collaudi. Il manager Marinella de Nigris Siniscalchi ha inviato in Procura le carte delle precedenti gestioni, ha migliorato i conti, ha utilizzato l’area per gli spettacoli estivi. Ma non basta questo per cancellare decenni di cattiva amministrazione. Serve un piano, che non c’è, e una grande operazione di marketing.

De Magistris, crollano i consensi. Fenomeno De Luca

Luigi de Magistris

Luigi de Magistris

L’anno scorso risultò, a sorpresa, primo nella classifica dei sindaci d’Italia stilata da Ipr Marketing, dopo anni che il suo predecessore, Rosa Russo Iervolino, aveva occupato le ultimissime caselle della graduatoria. Nel Governance Poll 2012 Luigi de Magistris è crollato dal primo al diciassettesimo posto nelle pagelle pubblicate dal Sole24Ore. È un dato rilevante. Il voto dell’anno scorso arrivava poco dopo le elezioni, era un giudizio sulle intenzioni, sulle prospettive di cambiamento per la città. Quello di quest’anno è un giudizio sull’operato, su quanto è stato fatto fino ad ora. Non è il 103° posto della Iervolino, l’Amministrazione del sindaco arancione resta tra le prime 20, ma il crollo del consenso è considerevole: l’11% rispetto allo scorso anno. Peggio ha fatto solo il sindaco di Cagliari Massimo Zedda che è finito 12 punti sotto. Si sta, insomma, allargando pericolosamente la forbice tra le aspettative e il giudizio sui risultati. Insomma, la delusione dei cittadini è netta. Per il capo dell’opposizione in consiglio comunale Gianni Lettieri, che ha tappezzato la città di manifesti con il faccione di un de Magistris-Pinocchio, «i napoletani cominciano ad accorgersi dell’inconsistenza politica e amministrativa di de Magistris. In un anno ha perso l’11% di gradimento e 16 posizioni, un record negativo senza precedenti che gli fa occupare, oggi, una casella che, stando alla Smorfia, è di sicuro più consona a quanto sta facendo per i napoletani: “17, la disgrazia”». «Dopo gli errori commessi nel suo primo anno e mezzo da sindaco, de Magistris è in caduta libera nei sondaggi sul gradimento dei napoletani», dice il suo ex assessore comunale al Bilancio, Riccardo Realfonzo, silurato a luglio, e invita il primo cittadino ad approfittare delle imminenti elezioni: «Una possibilità concreta per uscirsene, prima che le conseguenze del malgoverno cittadino siano evidenti a tutti».
IL CASO DE LUCA. Ma il vero caso della classifica è quello del sindaco di Salerno Vincenzo De Luca che occupa il primo posto della classifica (è successo già 5 anni fa). Lo spigoloso “vicerè” della città salernitana continua ad essere amatissimo dai suo concittadini. «Dico sempre quello che penso e credo di essere apprezzato per il mio modo di essere diretto e sincero», afferma lo stesso De Luca che sottolinea come la grande famiglia degli amministratori locali stia vivendo una condizione difficile di «quotidiana nevrotizzazione a causa delle scarse risorse a disposizione». Come ebbe a sottolineare nel consueto incontro di fine anno con la stampa, De Luca torna sui punti che gli stanno maggiormente a cuore. «È molto difficile in questa fase far quadrare i conti – dice – stiamo facendo salti mortali e devo dire che è un vero miracolo se riusciamo a garantire i servizi sociali, ai quali tengo in particolar modo. Nonostante ciò riusciamo ancora a reggere. Riusciamo ad aprire asili nido, a dare un’attenzione particolare alle politiche ambientali, ad essere ancora in vetta alla graduatoria della nostra regione per la raccolta differenziata».
GLI ALTRI SINDACI. Ma nella speciale classifica di Ipr Marketing scompaiono i primi cittadini delle grandi città dalle prime posizioni, probabilmente travolti dalla crisi della politica e dei grandi partiti. Unica eccezione Palermo, con Leoluca Orlando che si piazza al secondo posto con un gradimento molto alto (71%, comunque in calo dell’1,4 rispetto al giorno dell’elezione) e Milano dove il sindaco Giuliano Pisapia (al decimo posto) registra un consenso del 60%, in crescita del 4,9% rispetto al giorno dell’elezione. In forte calo il consenso dei primi cittadini di Firenze, Matteo Renzi (62esima posizione) e Roma, Gianni Alemanno (71esimo). In particolare il primo scende del 7,5%, dal 59,5 registrato il giorno dell’elezione al 52% del sondaggio Governance 2012, mentre Alemanno perde il 3,7% scendendo dal 53,7 al 50%. La contrazione più forte è quella del sindaco di Taranto, Ippazio Stefano (in 84esima posizione) che perde il 21,7% dei consensi rispetto al giorno dell’elezione nel quale aveva il 69,7% ed è ora al 48. Scende anche del 2,9% il primo cittadino di Bari, Michele Emiliano (dal 59,9 al 57% in 25esima posizione). In leggera crescita nelle preferenze dei torinesi il sindaco Piero Fassino (al 22/o posto) che registra un incremento dell’1,3 (dal 56,7 al 58%), così come crescono Giorgio Orsoni (48/mo) a Venezia, +2,4% (dal 51,1 al 53,5%) e Virgilio Merola (56/mo) a Bologna + 2% (dal 50,5 al 52,5%).

Niente assicurazione, vigili urbani a piedi a Napoli

Più di 130 mezzi dei vigili urbani fermi in garage

Più di 130 mezzi dei vigili urbani fermi in garage

I vigili urbani restano a piedi. La gara per assicurare i veicoli è andata deserta e ora 135 mezzi non hanno la copertura obbligatoria. Per fortuna non si tratta di tutto il parco veicolare della polizia municipale, la maggior parte delle auto e delle moto, infatti, è stata presa dal Comune di Napoli in leasing con tanto di Rc auto. Tuttavia, ora all’appello mancano 13 automobili, ben 71 motocliclette e 4 ciclomotori, 2 autocarri e 45 veicoli speciali. Un duro colpo, soprattutto per il reparto Motociclisti. Per il consigliere delegato per la Polizia municipale, Carmine Sgambati, il problema dovrebbe essere risolto in breve tempo. «Già sono state presentate delle offerte da alcune compagnie assicurative che stiamo valutando», ha affermato. In realtà, ci sono dei tempi tecnici da rispettare ed è presumibile che non siano così brevi come prospettato. Insomma, il comandante Attilio Auricchio dovrà rinunciare per un po’ ad una buona fetta dei mezzi in dotazione al Corpo.
L’appalto ammontava a 130.257,52 euro al ribasso (esclusi circa 11mila euro per il pagamento di franchigie e immissioni di nuovi veicoli). L’unica proposta presentata dalla Fondiaria Sai non è stata ritenuta idonea. C’è da considerare che, in fondo, la polizia municipale, considerati i numeri, non dovrebbe essere un cliente problematico per compagnie assicurative. Nel 2010 gli incidenti denunciati sono stati 25, 21 quelli liquidati per una spesa di 43.741,64 euro (ci sono 2 sinistri ancora da liquidare per un ammontare di 10.789 euro), nel 2011 gli incidenti sono scesi a 16 (9 quelli liquidati per un costo di 12.832 euro, 3 quelli ancora da liquidare per 22.380 euro), nel 2012 le cifre sono rimaste pressappoco invariate. Significa che i “sinistri” interessano poco più del 10% dei veicoli.
Ma l’Rc auto non è l’unico problema della polizia locale in questo momento. I sindacati sono in agitazione per il tagli al salario accessorio. In più è nata una aspra guerra interna tra le organizzazioni dei lavoratori: da una parte la Cgil dall’altra tutti gli altri. «Registriamo una ennesima irresponsabile presa di posizione della Cgil/Fp e dei suoi ultimi vassalli che si schierano, come avevano fatto per le precedenti Giunte (sin dall’anno 2005), a difesa dell’Amministrazione, malgrado anche con l’ultimo provvedimento (che aggrava e segue i tagli al fondo del 2011 e 2012) intende azzerare servizi e salario accessorio del 95% dei dipendenti comunali – scrivono Cisl-Fp, Uil-Fpl, Csa, Lipol e Snavu -. Per noi le pubbliche assemblee del 14, 15 e 16, e le altre azioni di lotta che seguiranno, costituiranno la Piazza Tienammen del popolo dei cittadini cui si negano i servizi, quindi il welfare, e dei dipendenti comunali che non ci stanno a ridurre alla miseria le proprie famiglie per assicurare lauti guadagni agli unti delle posizioni organizzative, ai manager delle partecipate, agli staffisti e clienti vari».