Il governo francese ha deciso, contro ogni previsione, sotto la guida del suo divisivo ministro dell’Interno, Gerald Darmanin, di imporre una legge liberticida che vieta ai giornalisti di trasmettere immagini della polizia e della gendarmeria. Questo disegno di legge sulla “sicurezza globale”, approvato in prima lettura dall’Assemblea nazionale, prevede all’articolo 24 “un anno di reclusione e una multa di 45.000 euro per chi diffonde, con qualunque mezzo e supporto, al fine di nuocere alla sua integrità fisica o mentale, l’immagine del volto o qualsiasi altro elemento di identificazione di un funzionario di polizia nazionale o di un membro della gendarmeria nazionale quando agisce nel contesto di un’operazione di polizia”.
Nonostante la situazione sanitaria, diverse manifestazioni hanno mobilitato, due volte a Parigi e in molte città della Francia, migliaia di manifestanti – oltre che giornalisti – mostrando la portata delle preoccupazioni sui rischi di grandi battute d’arresto nelle libertà pubbliche contenute nella proposta di legge. Questi timori sono stati espressi da sindacati, aziende, associazioni e collettivi di giornalisti e operatori dei media, ma anche gruppi di famiglie di vittime di violenze da parte della polizia, associazioni per la difesa delle libertà, cittadini, parlamentari di diverse nazionalità e partiti politici. Il difensore dei diritti in Francia, ma anche la Commissione consultiva sui diritti umani, nonché i relatori speciali delle Nazioni Unite sui diritti umani, si sono espressi contro questo progetto del governo francese. Anche la Commissione Europea ha messo in guardia la Francia.
Martedì scorso, dopo una prima manifestazione di protesta davanti all’Assemblea nazionale a Parigi, alla fine della manifestazione sono stati perpetrati attacchi alla libertà di informazione da parte di membri delle forze di sicurezza. Sono stati presi di mira anche almeno sei giornalisti. Tre di loro hanno subito violenze, comprese percosse con manganelli. Altri due sono stati minacciati di arresto ed è stato impedito loro di svolgere il loro lavoro di informazione, con il pretesto, secondo il ministro dell’Interno, Gerald Darmanin, che non si sarebbero accreditati presso la prefettura prima di seguire la manifestazione pubblica.
Nonostante queste proteste, alle quali hanno aderito i partiti della sinistra francese, il governo mantiene le sue posizioni. Il ministro Darmanin si è opposto alla richieste dei sindacati dei giornalisti sostenuti anche da Ifj e Efj. In queste condizioni, i sindacati dei giornalisti hanno chiesto di incontrare il primo ministro Castex. Di fronte a una protesta generale, il capo del governo ha proposto la creazione di una commissione per redigere un nuovo testo dell’articolo 24. Questa manovra è stata denunciata dalla Coalizione, che ha quindi rifiutato di incontrare il signor Castex.
Il clima si è fatto improvvisamente teso nel Paese, mettendo in discussione la politica di sicurezza del governo a seguito di una serie di errori della polizia (repressione violenta di una manifestazione contro migranti afghani, pestaggio di un cittadino da parte di agenti di polizia, giornalisti bastonati, ecc.). Prova, se ce ne fosse bisogno, del fatto che le immagini e il video sono necessari in particolare per testimoniare in tribunale contro gli abusi della polizia e condannare gli autori. Anche lo stesso ministro dell’Interno ha stigmatizzato le violenze.
Ultimo colpo contro le libertà, il prefetto della polizia di Parigi Didier Lallement ha deciso di vietare la “Marcia delle libertà” che si terrà sabato 28 novembre nel centro di Parigi, tra i luoghi simbolo della capitale, Repubblica e Bastille. I sindacati hanno immediatamente fatto appello ai tribunali per far revocare questo divieto. Indipendentemente da ciò, i sindacati e la Coalizione nel suo insieme hanno confermato la marcia di sabato.
*Patrick Kamenka è il responsabile per le relazioni internazionali del sindacato dei giornalisti francesi Snj-Cgt.