È durata poco l’onda lunga della rivoluzione arancione. I napoletani hanno bocciato il sindaco Luigi de Magistris che meno di due anni fa avevano “incoronato” come il salvatore della città dopo il discutibile “ventennio” del centrosinistra a Palazzo San Giacomo. È un segnale importante, che il primo cittadino non può sottovalutare: la città è delusa, le sue scelte non hanno convinto e non si tratta, chiaramente, solo dello scandalo dei bus che restano senza benzina. È qualcosa di più profondo. Il consenso di un sindaco si fonda su un legame di fiducia particolarissimo con i cittadini, legato alla condivisione di un’idea di città. Ora tra il Palazzo e la strada si è creata una distanza incolmabile. Lo dimostra il misero 3,7% che Rivoluzione Civile ha raggiunto alla Camera, e un ancora più scarso 3% al Senato, in quella che doveva essere una delle roccaforti del movimento, quella dominata dall’uomo forte del movimento: de Magistris, appunto. “Giggino” non “scassa” neanche nella sua Municipalità, il Vomero, dove supera di poco il 4% alla Camera e neanche il 3% al Senato. E a Chiaia, il quartiere del contestatissimo lungomare liberato, della Ztl del mare, arriva ad uno stentato 2%. Un dato politicamente drammatico. Il successo di Bassolino sindaco portò il centrosinistra a governare tutti i Palazzi della città e si reggeva su un consenso forte che è stato riconfermato a più riprese.
Restano fuori anche gli assessori più rappresentativi della giunta dell’ex pm: Alberto Lucarelli, il professore dell’Acqua pubblica e delle Assemblee del popolo, della democrazia partecipata e di internet libero in tutta la città, il vero ispiratore della “rivoluzione”, che era stato candidato il Toscana. Fuori anche il re delle coop sociali Sergio D’Angelo, capolista al Senato in Campania. Non ha avuto alcun effetto la presenza in lista del giornalista televisivo di Annozero Sandro Ruotolo, da anni nella squadra di Michele Santoro.
È il risultato, anche, di una campagna elettorale sbagliata, tutta incentrata sull’attacco al Pd, bersaglio non attuale (lo era, evidentemente, durante la campagna per le elezioni a sindaco). E il Pd, adesso, tira le somme: «Stendiamo un velo pietoso», commenta il segretario regionale Enzo Amendola. «Non commento – ha detto – per tutti gli insulti che abbiamo ricevuto, per la campagna elettorale che il sindaco ha fatto e per il risultato che ha conseguito». Ora il primo cittadino dovrà tenere conto dei nuovi equilibri politici anche per la giunta e per la tenuta del consiglio comunale.
Su questo risultato gongola anche il centrodestra. «Ingroia mi interessa molto poco. L’interpretazione politica del dato è il venir meno dell’affezione dei napoletani per un sindaco che hanno votato in massa», dice Francesco Nitto Palma, coordinatore delpartito di Berlusconi in Campania. «Dal nostro punto di vista – ha affermato – immaginavamo che non potesse andare oltre. Immaginavamo che qui a Napoli il risultato fosse maggiore per la forte solidarietà che ha dato il sindaco di Napoli».
Intanto, ieri de Magistris, che nei giorni scorsi aveva imperversato sui socialnetwork, ha scelto il silenzio, neanche un cinguettio su Twitter. Resta il delirio del giorno prima: “Da visionario penso che la fase più avanzata della democrazia sia l’anarchia, sogno comunità che si autogestiscano senza poteri, solo amore”.
I RISULTATI NELLE MUNICIPALITA’
Il dato napoletano di queste elezioni è il riscatto del Pd dopo la clamorosa sconfitta alle elezioni comunali. Per quanto riguarda il Senato la coalizione del centrosinistra supera il 33% (col Pd al 28%), il centrodestra supera di poco il 31% (col Pdl al 25,7%), mentre Grillo arriva al 22,3%. Sei Municipalità su 10 sono dominate dal centrosinistra, che migliora il risultato delle elezioni comunali, quando ne aveva conquistate ben 5. I presidenti arancioni non riescono, invece, a portare voti alla coalizione del sindaco Luigi de Magistris.
Chiaia e Posillipo, il salotto buono della città, si confermano roccaforte del centrodestra con il 33,8%, qui Grillo ottiene il risultato peggiore con il 17,28%, bene anche Monti con il 13,8%. Risultato pressoché simile alla Camera. Nel quartiere del lungomare liberato, della contestatissima Ztl, il movimento del sindaco e di Ingroia raggiunge un misero 2%. Ma dove il centrodestra è più forte è Secondigliano, zona ad alta densità criminale, dove la coalizione di Berlusconi raddoppia quasi i voti di quella di Bersani (40 a 21). A Scampia la distanza tra centrodestra (33,52%) e centrosinistra (25,4%) è di 8 punti e dove anche Grillo (26,03%) supera la coalizione di Bersani. Il centrodestra si conferma vincente anche nella Terza Municipalità (governata da un presidente del centrodestra). Centrodestra vincente con un grande vantaggio anche a Poggioreale. A Pianura il Pdl conferma il proprio predominio, ma cresce, rispetto alle ultime elezioni, il centrosinistra. Il centro storico, invece, è spaccato in due con la Seconda Municipalità che va al centrosinistra e con la Terza Municipalità dove prevale il centrodestra. Questo è l’unico caso nel quale viene controvertito il voto delle elezioni comunali che avevano visto la vittoria di un presidente arancione, che non ha portato alcun vantaggio alla coalizione del sindaco: Rivoluzione Civile raggiunge il 3,8%.
Le periferie, invece, si confermano rosse, da Est a Ovest. A Fuorigrotta (Camera) la forbice tra Bersani (34%) e Berlusconi (22%) è del 12%: 17mila voti contro 11mila. Il centrodestra è superato anche da Grillo che conquista il 27%. In alcune sezioni di Bagnoli pareva di votare a Bologna. Il centrosinistra sbanca anche al Vomero, anche grazie alla forza del presidente Mario Coppeto, candidato per Sel. Anche a Barra-San Giovann il centrosinistra vince con più di 4 punti in più e anche Grillo ottiene un ottimo risultato con il 25% delle preferenze. Insomma, il dato nuovo, come nel resto d’Italia, è rappresentato proprio dal Movimento5Stelle, che raccoglie in tutti i territori, di centrodestra e di centrosinistra, pressappoco la stessa percentuale di voti. Questo indica che i delusi dalla politica dei partiti sono ovunque e che, evidentemente, c’è una politica da ripensare con formule nuove.