Il diritto di cronaca non si perquisisce. Eppure è in atto un attacco al diritto alla tutela delle fonti dei giornalisti da parte di Procure che tentano di aggirare il segreto professionale e così facendo colpiscono al cuore la credibilità dei cronisti e del loro lavoro di inchiesta. Serve che la categoria si mobiliti per chiedere con forza norme in grado di difendere le fonti e, con esse, il giornalismo libero che indaga su mafie, malaffare e misteri di Stato.
Questo il messaggio partito dalla sede della Federazione nazionale della Stampa italiana dove questa mattina, insieme con alcuni cronisti e croniste che hanno subito perquisizioni e sequestri dei materiali di lavoro, i rappresentanti dei giornalisti italiani hanno anche rilanciato l’appello del cronista di Repubblica, Salvo Palazzolo, a dar vita a una nuova, grande stagione di inchieste giornalistiche sui misteri che hanno insanguinato il Paese e sui quali non si è ancora giunti a ottenere verità e giustizia. (Leggi qui l’appello di Salvo Palazzolo).
«Quello che preoccupa è il “salto di qualità” nell’azione investigativa. Prima si contestava la violazione del segreto istruttorio. Ora si contestano reati come favoreggiamento o ricettazione. Per questo abbiamo chiesto un nuovo incontro al vicepresidente del Csm. Nessuno mette in discussione i poteri e il ruolo della magistratura. Ma qui è in gioco il dovere dei giornalisti di informare i cittadini», hanno commentato Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della FNSI.
«Per dare il via alla mobilitazione – ha annunciato la segretaria del Sindacato dei Giornalisti del Veneto, Monica Andolfatto – il 19 ottobre si terrà a Padova l’iniziativa ‘Il diritto di cronaca e i suoi nemici’, in cui illustreremo i dossier sulle violazioni del segreto professionale che stiamo raccogliendo, prima di consegnarli al ministro Bonafede, al Csm e al sottosegretario Crimi. Abbiamo scelto Padova – ha spiegato ricordando la vicenda dei cinque colpi di pistola esplosi contro la casa del giornalista del Gazzettino Ario Gervasutti – anche perché in quella città, dopo 40 anni, si è tornato a sparare contro il giornalismo».
Alla conferenza stampa hanno portato la loro testimonianza, fra gli altri, la presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, Paola Spadari; la portavoce di Articolo21, Elisa Marincola; i giornalisti e le giornaliste Federica Angeli, Attilio Bolzoni, Paolo Borrometi, Antonello Caporale, Graziella Di Mambro, Rosaria Federico, Fabrizio Feo, Cristina Genesin, Stefania Limiti, Sabrina Pisu, Luca Salici, Pino Scaccia, Maurizio Torrealta.
Salvo Palazzolo è intervenuto in collegamento telefonico da Caltanissetta, dove era in corso l’udienza preliminare nei confronti dei tre poliziotti accusati del depistaggio delle inchieste sulla strage di via d’Amelio. Proprio per aver pubblicato la notizia della chiusura delle indagini a loro carico, Palazzolo è indagato dalla procura di Catania per rivelazione di segreto. Al cronista è stata perquisita l’abitazione e sono stati sequestrati il pc, il telefonino e tre hard disk.
«All’udienza di questa mattina lo Stato non si è costituito parte civile. Ma c’erano i giornalisti, tanti giornalisti, e questo fa ben sperare», ha osservato Palazzolo. «Fare questo mestiere è sempre più difficile – ha detto ancora – ma oggi diamo un messaggio di unità della categoria che mi dà nuovo entusiasmo. I giornalisti ci sono, sono compatti e si schierano dalla parte delle persone che vogliono sapere. Dobbiamo portare anche nelle redazioni questo desiderio di verità. Credo che insieme, con sindacato, Ordine e persone di buona volontà, possiamo farcela».
Presente, anche in rappresentanza dell’Ordine nazionale dei giornalisti, la presidente dell’Odg Lazio, Paola Spadari. «Il presidente del Cnog Carlo Verna sarà a Palermo il 26 settembre e incontrerà Salvo Palazzolo – ha anticipato – per portare la solidarietà di tutti noi. È in atto un attacco ai media e al giornalismo libero. Dobbiamo essere compatti e respingere questi attacchi, fare quadrato intorno ai colleghi a difesa della libertà di informazione e del diritto dei cittadini ad essere informati».
Spazio poi alle testimonianze dei cronisti e delle croniste che negli ultimi mesi hanno subito perquisizioni e sequestri del materiale di lavoro. Come nel caso della giornalista precaria della Città di Salerno, Rosaria Federico. «Io ho denunciato il magistrato che mi ha fatto sequestrare il telefono. Poi l’inchiesta a mio carico è stata archiviata. È nostro diritto e dovere tutelare le fonti. La magistratura non può violare la legge. In quasi tutti i casi la Procura ha dovuto restituire i materiali informatici sequestrati. Significa – ha sottolineato – che i pm non possono sequestrare i nostri strumenti di lavoro. Allora bisogna capire perché lo fanno».
O come Cristina Genesin, del Mattino di Padova, che si è detta «confortata di aver sentito fin dal primo momento la vicinanza del sindacato» e poi ha raccontato l’incursione in casa da parte degli uomini del Gico: «Mi hanno contestato il concorso in violazione di segreto istruttorio con l’aggravante di aver agevolato attività della mafia. Hanno violato il mio pc e i supporti informatici, perquisito la redazione e poi effettuato perquisizioni nei confronti di uomini dell’Arma a Padova e Roma. È necessario riprendere l’iniziativa per modificare le norme a tutela del segreto professionale perché adesso non siamo tutelati», ha concluso.
Attilio Bolzoni ha osservato come fra i materiali sequestrati a Palazzolo ci siano anche i contatti che il cronista aveva preso per indagare sulla vicenda della nave Diciotti e sul caso Montante. «Ora – ha rilevato – i poliziotti sono in possesso dei dati e degli appunti raccolti su queste persone ai fini del lavoro giornalistico. Dati e appunti che dovevano restare coperti dal segreto professionale».
Elisa Marincola, rilanciando l’appello di Bolzoni ai giornalisti a «studiare e acquisire sempre più competenze su quello di cui scrivono», ha sottolineato l’esigenza di «allargare agli editori questa necessità di approfondire i temi» per chiedere loro che «si torni a fare inchieste, unico modo per ridare vita ad una professione messa a rischio dagli attacchi della politica e di chi non vuole un giornalismo forte e autorevole».
Stefania limiti, ha ricordato come il giornalismo italiano si sia fatto carico in passato di una coscienza civile «che oggi, con la precarietà che attanaglia la categoria, non possiamo più portare avanti». Maurizio Di Schino ha ribadito il bisogno di «una nuova stagione di giornalismo d’inchiesta». Sabrina Pisu e Luca Salici hanno proposto la creazione di un piattaforma digitale su cui raccogliere contributi per delle inchieste collettive, da usare anche per dar vita ad un grande archivio storico del giornalismo investigativo.
Maurizio Torrealta ha ripercorso le tappe della vicenda di Ilaria Alpi. Fabrizio Feo ha parlato della difficoltà di far passare nei telegiornali notizie come quelle sul processo Borsellino o sul processo Aemilia. Federica Angeli, infine, ha citato l’esperienza dell’Associazione Antimafia Noi che il 30 settembre, a Ostia, darà vita a una grande manifestazione contro la criminalità organizzata sul litorale romano.
Sempre questa mattina, a Caltanissetta, poco prima dell’udienza, davanti al piazzale del Palazzo di giustizia, si è svolto un sit-in organizzato dall’Assostampa Siciliana in segno di solidarietà nei confronti di Salvo Palazzolo. «Libertà di stampa significa garanzia di tutti e il diritto di cronaca non si perquisisce, per queste ragioni abbiamo deciso di venire oggi davanti al Tribunale per stare accanto al collega Palazzolo, in concomitanza con l’udienza preliminare del processo a carico di tre poliziotti per il depistaggio sulla strage di via D’Amelio», ha afferma Roberto Ginex, segretario regionale dell’Assostampa Siciliana, presente al presidio con Roberto Leone, componente della giunta regionale, e numerosi colleghi.
«Non è possibile mettere a rischio il lavoro dei giornalisti, la tutela delle loro fonti e il segreto professionale – ha aggiunto Ginex –. In questo modo si impedisce ai cronisti di svolgere il loro mestiere liberamente. Noi giornalisti ci mobilitiamo in difesa del diritto-dovere di informare i cittadini e siamo con Salvo Palazzolo e sposiamo il suo appello: ‘Siamo chiamati tutti a illuminare i processi sulle stragi di Stato e dar vita a una nuova, grande stagione di inchieste dei giornalisti italiani sui misteri che hanno insanguinato il Paese e sui quali non si è ancora giunti a ottenere verità e giustizia’».