Durante gli scontri tra manifestanti e polizia per la visita di Matteo Salvini a Mondragone la giornalista Cristina Liguori, mentre stava documentando gli scontri con la sua telecamera, è stata bloccata senza alcun motivo da un uomo delle forze dell’ordine che le ha tirato il braccio dietro la schiena impedendole di continuare a filmare, mettendo anche le mani sulla telecamera. Un atto violento e ingiustificato che solo l’intervento di un collega dello staff della Lega è riuscito a fermare. Non è la prima volta che i giornalisti vengono presi di mira durante delle manifestazioni pubbliche mentre svolgono il proprio lavoro e senza alcun motivo plausibile. È grave quando ad agire sono rappresentanti di gruppi estremisti, come è successo a Roma, ma è ancora più grave quando ad aggredire i giornalisti sono proprio le forze dell’ordine. La presenza dei cronisti è essenziale esattamente come quella della polizia, niente può giustificare interventi arbitrari che limitano il diritto di cronaca. Ci auguriamo che il questore intervenga sul caso. Alla collega va la solidarietà del Sindacato unitario giornalisti della Campania che è pronto ad assisterla in ogni sede nel caso decida di denunciare.
Archivio mensile:Giugno 2020
Google, primi accordi con gli editori: pagherà per le notizie di qualità
Google pagherà per la condivisione sul web di articoli di alcuni gruppi editoriali in Germania, Australia e Brasile. In corso discussioni anche con altri Paesi. Lo ha annunciato Brad Bender, vicepresidente per la gestione dei prodotti di Google in un post sul blog della piattaforma web. In particolare, accordi sono stati conclusi con gli editori dei giornali tedeschi Der Spiegel Frankfurter Allgemeine Zeitung, degli australiani InQueensland e InDaily e i brasiliani del gruppo Darios Associados.
Google ha dichiarato che provvederà a retribuire gli editori per condividere «notizie di qualità», nell’ambito di una nuova iniziativa per un servizio di informazione che sarà presentato prossimamente. Non sono per ora ancora noti i dettagli economici relativi agli accordi raggiunti.
Secondo Mountain View questo progetto aiuterà i gruppi editoriali ad ottenere maggiori ricavi da notizie di qualità. «I media attireranno così un pubblico più ampio e gli utenti avranno la possibilità di usufruire di contenuti che normalmente non leggerebbero», si legge sul blog. Inoltre, sono in corso discussioni tra Google e gli editori di altri Paesi per il pagamento delle licenze dei contenuti condivisi online.
Carcere per i giornalisti, Consulta: «Ora una nuova legge che tenga conto delle sentenze della Corte Edu»
È cruciale la libertà della stampa, ma tecnologie e social aumentano i rischi per la reputazione delle vittime. Lo ha affermato la Corte costituzionale nell’ordinanza n. 132 depositata venerdì 26 giugno 2020 (redattore Francesco Viganò), con cui ha rinviato all’udienza del 22 giugno 2021 la decisione delle questioni sollevate dai Tribunali di Salerno e di Bari sulla legittimità della pena detentiva prevista in caso di diffamazione a mezzo stampa, in modo da consentire al legislatore di approvare una nuova disciplina.
Il bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela della reputazione, afferma la Consulta, «non può (…) essere pensato come fisso e immutabile, essendo soggetto a necessari assestamenti, tanto più alla luce della rapida evoluzione della tecnologia e dei mezzi di comunicazione verificatasi negli ultimi decenni».
Il bilanciamento espresso dalla normativa vigente è divenuto ormai inadeguato, e richiede di essere rimeditato dal legislatore «anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (…), che al di fuori di ipotesi eccezionali considera sproporzionata l’applicazione di pene detentive (…) nei confronti di giornalisti che abbiano pur illegittimamente offeso la reputazione altrui», e ciò anche in funzione dell’esigenza di non dissuadere i media dall’esercitare la propria cruciale funzione di controllo sull’operato dei pubblici poteri.
Il nuovo bilanciamento dovrà «coniugare le esigenze di garanzia della libertà giornalistica (…) con le altrettanto pressanti ragioni di tutela effettiva della reputazione individuale delle vittime di eventuali abusi di quella libertà da parte dei giornalisti; vittime che sono oggi esposte, dal canto loro, a rischi ancora maggiori che nel passato. Basti pensare, in proposito, agli effetti di rapidissima e duratura amplificazione degli addebiti diffamatori determinata dai social network e dai motori di ricerca in internet».
Un così delicato bilanciamento, afferma la Corte, spetta primariamente al legislatore, che è il soggetto più idoneo a «disegnare un equilibrato sistema di tutela dei diritti in gioco, che contempli non solo il ricorso – nei limiti della proporzionalità rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva dell’illecito – a sanzioni penali non detentive nonché a rimedi civilistici e in generale riparatori adeguati (come in primis l’obbligo di rettifica), ma anche a efficaci misure di carattere disciplinare, rispondendo allo stesso interesse degli ordini giornalistici pretendere, da parte dei propri membri, il rigoroso rispetto degli standard etici che ne garantiscono l’autorevolezza e il prestigio, quali essenziali attori del sistema democratico. In questo quadro, il legislatore potrà eventualmente sanzionare con la pena detentiva le condotte che, tenuto conto del contesto nazionale, assumano connotati di eccezionale gravità dal punto di vista oggettivo e soggettivo, tra le quali si inscrivono segnatamente quelle in cui la diffamazione implichi una istigazione alla violenza ovvero convogli messaggi d’odio». (Ansa)
PER APPROFONDIRE
Il testo dell’Ordinanza della Corte Costituzionale n. 132 anno 2020 è disponibile a questo link.
Mondragone, il sindaco attacca i giornalisti. Il SUGC: colleghi vadano avanti
Il Sindacato unitario giornalisti della Campania è al fianco della collega Mary Liguori e della redazione del Mattino di Caserta per gli attacchi subiti dal sindaco di Mondragone Virgilio Pacifico che pretendeva che non venisse filmato un incontro con i cittadini sull’emergenza Covid esplosa nella città in provincia di Caserta. Pacifico ha anche affermato che i titoli del Mattino sul caso di Mondragone “fanno schifo”. Il Sugc respinge con fermezza le parole del sindaco di Mondragone ed esprime pieno sostegno alla collega Liguori e alla redazione del Mattino con la consapevolezza che continueranno a fare titoli per informare i cittadini e non per far piacere al politico di turno e a raccontare la verità, anche se scomoda.
la nota del CDR
Il Cdr del Mattino esprime sostegno e solidarietà alla collega Mary Liguori e alla redazione di Caserta per gli attacchi del sindaco di Mondragone Virgilio Pacifico. I giornalisti del Mattino non si lasciano intimidire da un politico o da un amministratore che chiede di non girare video o di cambiare titoli “scomodi”. La stella polare del Mattino è e sarà sempre la verità, anche se scrivere la verità significa scontentare qualcuno.
Cronisti minacciati, ripresi i lavori del Centro di coordinamento. Lamorgese: «Massima attenzione»
Un bollettino periodico con i dati ufficiali. Incontri sui territori, anche in modalità online. Momenti di formazione congiunta con giornalisti, rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell’ordine. Sono le proposte operative formulate nel corso della riunione del Centro di coordinamento sugli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti svoltasi oggi.
All’incontro, in videoconferenza, hanno preso parte la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese; il viceministro Matteo Mauri; il capo di Gabinetto, Matteo Piantedosi; il capo della Polizia, Franco Gabrielli; il prefetto Vittorio Rizzi, vicedirettore generale della Pubblica Sicurezza e presidente dell’organismo permanente di supporto al Centro di coordinamento. Per la Federazione nazionale della Stampa italiana era presente il presidente Giuseppe Giulietti; per il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti la vicepresidente Elisabetta Cosci e il segretario Guido D’Ubaldo.
«Grazie innanzitutto alle strutture nazionali e territoriali per la sensibilità e l’attenzione dimostrata sul tema delle minacce ai cronisti e per quanto fatto, sia quando hanno tempestivamente risposto con vigilanza e scorte agli episodi di intimidazione, sia quando hanno segnalato gli intollerabili tentativi di “autominaccia”», ha esordito Guilietti.
«Abbiamo sollecitato le strutture competenti – ha aggiunto, anche a nome del segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso – a verificare tutte le posizioni e a procedere in caso di false denunce di intimidazioni. Casi che ci vedranno parte civile in tribunale perché riteniamo che episodi di questo tipo mettano a rischio il lavoro dei colleghi e tradiscano l’articolo 21 della Costituzione».
83 gli episodi di minacce nei confronti dei giornalisti nei primi sei mesi del 2020, in aumento sia rispetto al 2019 (87 casi nei dodici mesi) che rispetto al 2018 (73 casi). 37 gli episodi legati a motivazioni socio-politiche, 10 quelli legati alla criminalità organizzata. Quasi un episodio su due si è consumato tramite internet e i social. Lazio, Campania, Sicilia, Calabria e Lombardia le regioni con il maggior numero di atti intimidatori registrati al 16 giugno 2020: 70 degli 83 totali.
Di fronte a questa preoccupante escalation, confermata dal Viminale, la Fnsi ha chiesto, ottenendo la disponibilità della ministra Lamorgese, che si valuti la possibilità di fornire i dati ufficiali dell’Osservatorio con cadenza prefissata mensile o trimestrale, così da orientare l’iniziativa coordinata di tutte le istituzioni. E di promuovere incontri sui territori, a partire da Caserta, e in particolare nelle regioni considerate più a rischio, con il coinvolgimento delle Prefetture, delle Associazioni regionali di Stampa e degli Ordini regionali.
«Il continuo incremento delle minacce via social, che raggiungono forme particolarmente gravi nei confronti delle giornaliste, richiedono inoltre momenti di formazione congiunta con le strutture preposte della Polizia postale, per comprendere la rilevanza quantitativa e qualitativa del fenomeno e studiare le più opportune forme di contrasto», ha aggiunto Giulietti, che ha infine rivolto un ringraziamento alle donne e agli uomini impegnati nei servizi di scorta ai giornalisti minacciati.
«La libertà di stampa – ha detto la ministra Lamorgese – rappresenta un presidio fondante della nostra democrazia, che va preservato e difeso in tutti i territori. Gli episodi di intimidazione e minaccia verso i giornalisti sono oggetto di costante attenzione, ai fini della tempestiva adozione dei necessari interventi e delle più idonee misure di tutela».
In tal senso, la titolare del Viminale ha ricordato la direttiva ai prefetti del 24 gennaio scorso, con cui è stato avviato un monitoraggio strutturato semestrale per conoscere e analizzare i fattori e gli scenari di rischio in sede locale, nonché le iniziative assunte e le misure adottate a livello territoriale. Gli esiti del primo monitoraggio, relativo al semestre gennaio-giugno 2020, saranno disponibili entro il mese di luglio.
Ripristinata scorta a Velardi, Fnsi e Sugc: buona notizia
Il ripristino della scorta al collega Antonello Velardi è una buona notizia, attesa da tempo. Il provvedimento dei giudici del Tar, che ha sospeso la decisione della Prefettura di Caserta del febbraio scorso, conferma che l’allarme lanciato dal Sindacato unitario giornalisti Campania e dalla Federazione della stampa italiana era fondato. In Campania e in particolare in provincia di Caserta si registra un’escalation di episodi di violenza e intimidazioni nei confronti dei giornalisti rispetto ai quali occorre tenere alta l’attenzione. Un ringraziamento, in questo senso, va al viceministro dell’Interno Matteo Mauri e al Viminale per aver attivato l’Osservatorio sui giornalisti minacciati
Fascino e rischi dello smart working, resta centrale il lavoro in redazione
Smart working è la locuzione inglese che (quasi) tutti i lavoratori italiani hanno imparato a conoscere in questi mesi di emergenza sanitaria. Uno strumento recente, ma non nuovo, regolato dalla legge numero 81 del 2017, piuttosto sconosciuto fino all’arrivo del Covid-19 e delle misure di contenimento del contagio disposte dal governo con decreti legge e gli ormai famosi Dpcm. Secondo le ultime disposizioni normative, lo smart working (o lavoro agile, cosa diversa – o almeno così dovrebbe essere – dal telelavoro) si può applicare per tutta la durata dello stato di emergenza ad ogni rapporto di lavoro subordinato nel rispetto dei principi della normativa vigente, anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla stessa legge.
Il governo ne raccomanda il massimo utilizzo per le attività che possano essere svolte a distanza, ma «è bene chiarire subito che la disciplina dello smart working rappresenta uno speciale regime temporaneo derogatorio alla disciplina ordinaria, una diversa modalità di esecuzione del rapporto di lavoro, che modifica unicamente la modalità di svolgimento della prestazione lavorativa senza novazione del contratto di lavoro», precisa il direttore della Fnsi, Tommaso Daquanno, rispondendo alle numerose richieste di chiarimenti rivolte dai giornalisti italiani al loro sindacato.
Vediamo allora quali sono le principali regole da seguire nell’applicazione del lavoro agile anche nel settore dell’informazione, con la consapevolezza che il lavoro in redazione resta centrale e insostituibile. Senza considerare che, rileva ancora il direttore Daquanno, «la modalità della prestazione, che moltissime aziende hanno dovuto adottare a causa dell’emergenza, è qualcosa di profondamente diverso dallo smart working pensato dal legislatore» e dunque l’attuale assetto rappresenta «una modalità lavorativa derivante da uno stato di necessità, al cessare del quale, dovrà necessariamente cessare anche tale sua, eccezionale, declinazione».
L’accordo
Se la normativa di emergenza ha previsto che l’editore possa unilateralmente attivare lo smart working, in base alla disciplina ordinaria la modalità del lavoro agile deve essere definita con accordo tra azienda e dipendente. Nello specifico del lavoro giornalistico, inoltre, è competenza specifica ed esclusiva del direttore fissare ed impartire le direttive politiche e tecnico professionali del lavoro redazionale e stabilire le mansioni di ogni giornalista. Il tutto nel rispetto dell’articolo 34 del Contratto nazionale di lavoro, che consente al Comitato di redazione di intervenire nel processo decisionale sull’organizzazione del lavoro.
Forma e contenuto dell’accordo
La disciplina ordinaria prevede che l’accordo sulla modalità di lavoro agile debba essere scritto. Può essere a termine o a tempo indeterminato. Deve disciplinare l’esecuzione della prestazione lavorativa agile svolta all’esterno dei locali aziendali anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L’accordo individua inoltre i tempi di riposo, nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la “disconnessione” del lavoratore. Nell’accordo va disciplinato l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali, nel rispetto di quanto previsto dallo Statuto dei lavoratori in materia di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo, e vanno definite le condotte connesse all’esecuzione della prestazione “agile” che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.
I diritti del lavoratore agile
Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità agile ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali e alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello che è stato esplicitamente prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali. Tali previsioni di legge devono essere declinate tenendo conto delle specifiche previsioni contrattuali contemplate nei contratti di lavoro sottoscritti dalla Fnsi.
Luogo e orario della prestazione
La legge prevede che la prestazione lavorativa in modalità agile venga eseguita “in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno” entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale. È evidente quindi che lo smart working non può comportare la smaterializzazione delle redazioni, specie in ragione del fatto che il lavoro giornalistico rappresenta quell’opera dell’ingegno individuale e collettiva che nasce proprio da quel confronto intellettuale che, il più delle volte, viene a concretizzarsi all’interno delle redazioni. Inoltre, il datore di lavoro, che è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività, è anche tenuto a garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità agile.
Il trattamento economico e normativo
Il lavoratore in smart working, recita la norma “ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi (…) nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”. Si precisa che i contratti a cui la norma si riferisce sono tutti i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché dalle rappresentanze sindacali aziendali.
PER APPROFONDIRE
Tutte le novità sulle misure di interesse per i giornalisti introdotte con i provvedimenti in materia di contrasto alle conseguenze dell’emergenza pandemica sono riportate nell’ultimo aggiornamento delle Faq predisposte dal direttore della Fnsi, Tommaso Daquanno, che riportiamo in allegato di seguito.
Il Messaggero, altri tagli ai compensi dei collaboratori. Fnsi: «Come i rider di Uber». Il Cdr: «L’azienda ci ripensi»
«Il taglio unilaterale dei compensi, già esigui, ai collaboratori del Messaggero è inaccettabile nel merito e nel metodo. Che la paralisi dell’economia mondiale e nazionale stia incidendo in modo considerevole sui ricavi delle aziende editoriali, è fuor di dubbio. Affrontare una criticità evidente con una prova muscolare nei confronti di giornalisti precari, privi delle garanzie e delle tutele contrattuali e, pertanto, in una posizione di incontestabile debolezza, è misura che non può passare sotto silenzio. Stupisce che l’editore, con il quale il sindacato a tutti i livelli non si è mai sottratto al confronto, abbia scelto una strada sbagliata. Non soltanto perché le nuove tariffe, riviste al ribasso, rappresentano di fatto una violazione contrattuale, ma anche e soprattutto perché l’aut aut di fronte al quale vengono messi i giornalisti precari evoca scenari analoghi a quello in cui sono stati coinvolti i rider di Uber e che recentemente ha portato il Tribunale di Milano a commissariare quell’azienda con l’accusa di caporalato. Un conto, infatti, è la libera contrattazione, un altro comunicare – come si legge nelle lettere inviate ai giornalisti – che “al fine di proseguire la collaborazione giornalistica con la nostra testata, è necessario che lei rilasci il suo consenso all’applicazione dei nuovi tariffari”. Nell’auspicare che l’editore voglia rivedere la propria decisione e accettare il confronto, la Fnsi sarà al fianco dei colleghi in ogni sede». Lo afferma Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana.
«Questa vicenda – aggiunge – deve però spingere ad una riflessione più ampia sulla marginalizzazione del lavoro in Italia. La difficile situazione economica non deve diventare il pretesto per svilire ulteriormente la dignità del lavoro, trasformandolo di fatto in una sorta di ricatto sociale. Le diseguaglianze sempre più diffuse sono il risultato del disconoscimento, anche a livello politico, delle tutele e dei diritti del lavoro. Una situazione che la Fnsi ha sottoposto al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in occasione dell’incontro agli Stati generali dell’economia, auspicando un’inversione di tendenza. Serve un cambio radicale di politica: la dignità delle persone e il lavoro regolare devono tornare centrali».
Il Cdr: «Tagli insostenibili. A rischio la realizzazione del giornale»
«In questi ultimi giorni i collaboratori del Messaggero (quotidiano e sito) hanno ricevuto una mail dell’azienda che impone unilateralmente un ulteriore (e stavolta insostenibile) taglio dei compensi con effetto immediato per i pezzi forniti. Tagli che arrivano poco dopo la firma dello stato di crisi che partirà a luglio e senza alcuna comunicazione preventiva al Cdr che ha rimarcato in diverse occasioni come gli organici redazionali stiano lavorando ben oltre il limite della capienza e quanto diventi, quindi, indispensabile il lavoro dei collaboratori, che in alcune edizioni garantiscono di fatto l’uscita del giornale». È quanto denuncia, in una nota, il Comitato di redazione del quotidiano.
«Lo smaltimento delle ferie estive, quelle pregresse (su cui era stato firmato un accordo precedente al Covid, incrementato unilateralmente dall’azienda dopo l’esplosione dell’epidemia, nonostante la disponibilità garantita da tutta la redazione allo smart working) e i due giorni di cassa integrazione sottoscritti nell’accordo sullo stato di crisi, che andranno ad alleggerire i conti dell’azienda permettendo inoltre l’accesso ai prepensionamenti per alcuni colleghi, appesantiranno indiscutibilmente il lavoro della redazione già in seria difficoltà. A questo si aggiungono nuove richieste adottate unilateralmente dall’azienda, quali l’incremento delle pagine di alcune edizioni e l’incremento del lavoro sul sito appesantito ulteriormente per le redazioni locali anche dall’avvio di una pagina Facebook personalizzata», aggiungono i rappresentanti sindacali.
Pur consapevoli «della difficile fase che stiamo attraversando – incalzano – siamo rimasti stupiti di questi nuovi tagli anche per le modalità, visto che nella lettera inviata ai collaboratori viene imposta unilateralmente la decurtazione dei compensi, chiedendo però al collaboratore di rilasciare il consenso all’applicazione dei nuovi tariffari. Tutto questo nell’ottica, viene scritto nella lettera, “di riorganizzazione di più ampio respiro, già in atto, teso a raggiungere un assetto gestionale di massima efficienza operativa”. Come se “l’efficienza operativa” potesse passare solamente attraverso il taglio dei costi e non finanche a una indispensabile cura e qualità del prodotto. Così si rischia di compromettere anche il futuro di prodotti strategici per la nostra testata, divenuti punto di riferimento anche grazie al lavoro di questi collaboratori che sebbene non siano dipendenti del quotidiano, fanno a pieno titolo parte del nostro patrimonio, sia per le competenze professionali che per l’assoluta disponibilità che hanno sempre dimostrato. Ci ha allibito la scelta dell’azienda di prendere una decisione simile in un momento così cruciale. Visti anche i segnali positivi che arrivano proprio dalle edizioni locali del quotidiano, abbonamenti digitali compresi, che dimostrano come il futuro debba essere orientato alla qualità dell’offerta d’informazione».
Per questo, conclude il Comitato di redazione, «stiamo agendo in questi giorni e agiremo con la massima determinazione per tutelare questo patrimonio indispensabile per il Messaggero ed evitare che vada disperso. Il Cdr chiede a Fnsi e a Stampa Romana di intervenire a fianco dei colleghi collaboratori. Chiede altresì all’azienda di congelare i tagli, per trovare una soluzione condivisa, che oltre a continuare a garantire al giornale una forza lavoro indispensabile, riconosca una retribuzione base rispettosa della dignità e dei compiti insostituibili che i collaboratori esterni svolgono quotidianamente».
Minacce dei centri sociali, il Sugc: solidarietà ai colleghi del Mattino
Il Sindacato unitario giornalisti della Campania è al fianco dei colleghi del Mattino Giuseppe Crimaldi e Valerio Esca, dei colleghi del Fatto Quotidiano e di altri organi di informazione che sui social hanno subìto attacchi e intimidazioni da esponenti dei centri sociali solo per aver raccontato quanto accaduto nel weekend in piazza San Domenico Maggiore. In particolare il collega Crimaldi è finito nel mirino anche per l’incarico di presidente dell’associazione Italia-Israele: nel post pubblicato sui social si tira in ballo il conflitto tra israeliani e palestinesi che nulla ha a che vedere con la vicenda di cronaca cittadina. Il Sugc esprime pieno sostegno ai colleghi ed è pronto ad affiancarli in qualsiasi iniziativa vorranno mettere in campo. E’ ora di mettere fine al clima di odio e intimidazione nei confronti dei giornalisti.
il comunicato del Cdr
Il Cdr del quotidiano Il Mattino esprime sostegno e vicinanza ai colleghi Giuseppe Crimaldi e Valerio Esca che sui social network hanno subìto attacchi e intimidazioni da esponenti dei centri sociali solo per aver raccontato quanto accaduto nel weekend in piazza San Domenico Maggiore. Il Cdr invita i colleghi ad andare avanti nella consapevolezza che non si lasceranno fermare da chi cerca di limitare e condizionare il diritto di cronaca.
Minacce a Paolo Borrometi, condanna in Appello per Ventura. Riconosciuta l’aggravante mafiosa
Nuova importante vittoria in tribunale per il giornalista Paolo Borrometi, più volte minacciato per via del suo lavoro di denuncia di mafia e malaffare. Confermando la condanna inflitta in primo grado a Giovan Battista Ventura per le minacce rivolte al vicedirettore dell’Agi, la Corte d’Appello di Catania ha inoltre riconosciuto la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso. Ventura è stato condannato a un anno e dieci mesi di reclusione e al risarcimento delle parti civili, fra cui la Fnsi, assistita dagli avvocati Francesco Paolo Sisto e Roberto Eustachio Sisto.
«Massima soddisfazione per la sentenza della Corte d’Appello di Catania che, ancora una volta, sottolinea come la Federazione nazionale della Stampa italiana non si limiti a tutelare il giornalista contro atteggiamenti minacciosi tout court, ma addirittura contro atteggiamenti di stampo mafioso. Il ruolo istituzionale della Fnsi emerge ancor più come necessario perché alla libertà di stampa faccia eco la effettiva tutela di quella libertà a 360 gradi», commentano i legali.
«Questa sentenza – affermano Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana – conferma la gravità delle aggressioni nei confronti di Paolo Borrometi, messo nel mirino per aver “illuminato” le zone del malaffare e dell’illegalità».