Diffamazione, presentato in Senato ddl di riforma. Di Trapani: «La rettifica automatica limite alla libertà di cronaca»

«La presentazione di un disegno di legge che apre la discussione sul tema della diffamazione a mezzo stampa è un fatto positivo. Naturalmente ci riserviamo di fare delle valutazioni approfondendo il testo e di portare le nostre ragioni nelle sedi opportune». Così il presidente della Fnsi, Vittorio di Trapani, intervenendo a SkyTg24 sul disegno di legge di riforma della diffamazione presentato in Senato mercoledì 1 marzo 2023.

Per Di Trapani, l’intervento sul carcere per i cronisti «è quasi un atto dovuto, dopo le ripetute sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo e quasi due anni dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato in sostanza incostituzionale la previsione del carcere per il reato di diffamazione e chiesto al legislatore un intervento organico sulla materia».

Il presidente Fnsi ha poi manifestato perplessità su alcuni aspetti del disegno di legge, come sul tema della rettifica: «Si prevede che la smentita non possa avere commento di giornalista o direttore. Questa è una restrizione della libertà editoriale». O, ancora, sul fronte delle azioni legali bavaglio, rispetto alle quali «nei fatti ancora una volta non c’è un provvedimento efficace di contrasto a questo fenomeno».

Rispondendo ai rilievi mossi da Alberto Balboni, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato e primo firmatario della proposta di legge, e Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, Di Trapani ha aggiunto: «Il testo prevede fino a 10.000 euro di multa se il giudice riconosce che un’azione giudiziaria è stata temeraria, ma spesso chi usa questo strumento sono grandi soggetti privati con grandi disponibilità economiche o esponenti della criminalità organizzata e per questi soggetti 10.000 euro sono spiccioli. Dall’altra parte spesso ci sono cronisti minacciati, costretti a difendersi in tribunale. Trovarsi a processo per un giornalista freelance o precario può rappresentare un costo insostenibile, una lesione del diritto di cronaca e, soprattutto, il diritto dei cittadini ad essere informati».

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