Archivio mensile:Dicembre 2020

Inpgi, equo compenso, carcere e bavagli, Lorusso: «Bene il premier Conte, ora soluzioni in tempi brevi»

«Le parole del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sulle questioni più urgenti per il mondo dell’informazione, pronunciate nel corso della conferenza stampa di fine anno, sono incoraggianti. L’auspicio è che i tavoli aperti possano portare a soluzioni in tempi brevi». Lo afferma il segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana, Raffaele Lorusso.

«Il premier – aggiunge – conferma la volontà del governo di mettere in sicurezza l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani salvaguardandone l’autonomia, senza alimentare ipotesi suggestive, ma attraverso un processo di allargamento della platea degli iscritti ai comunicatori e misure di rafforzamento, su cui è in corso il confronto fra presidenza del Consiglio, ministeri competenti, Inpgi e Fnsi. Allo stesso modo, va affrontato il problema della lotta al precariato e della definizione dell’equo compenso per i giornalisti lavoratori autonomi, oggetto di discussione fra il sottosegretario con delega all’editoria, Andrea Martella, Fnsi e Fieg, sul quale si attendono le prime risposte entro febbraio».

Per il segretario Fnsi, «analoga accelerazione è auspicabile per l’approvazione dei progetti di legge per contrastare le querele bavaglio e cancellare il carcere per i giornalisti. Si tratta di proposte ferme in parlamento. Le stesse Camere non possono più rimandare la riforma del servizio pubblico radiotelevisivo. Su questi temi non sono irrilevanti la volontà politica e l’impulso del governo. Per questo – conclude – la Federazione nazionale della Stampa italiana continuerà a portare avanti le istanze della professione con spirito costruttivo in tutti i tavoli di confronto per favorire le soluzioni».

La Città di Salerno, i vuoti di memoria del nuovo direttore

di Clemy De Maio*
Un conto è fare scelte personali, di cui ognuno risponde alla propria coscienza, altro conto è manipolare la realtà dei fatti. Peggio ancora se questa mistificazione arriva dalle colonne di un giornale, con il risultato di trarre in inganno chi lo legge. È quello che fa questa mattina il nuovo direttore de “la Città”, Tommaso Siani, rivendicando nel suo editoriale 25 anni di storia del giornale e fingendo di dimenticare che con quella storia professionale e umana il quotidiano che ora dirige non ha nulla in comune. I “valorosi e straordinari colleghi” a cui fa riferimento sono quelli che nel febbraio del 2019 sono stati estromessi dalla redazione, con una procedura che solo pochi giorni fa il giudice del lavoro ha giudicato illegittima. Quella mattina i giornalisti de “la Città” trovarono la porta della sede chiusa, l’editore sospese le pubblicazioni affermando di non essere più in grado di sostenerne i costi e tuttavia, il 2 marzo, il giornale tornò in edicola sotto l’ombrello di una nuova sigla societaria ma con altri giornalisti. Tommaso Siani è l’unico del vecchio corpo redazionale ad essere transitato dalla vecchia alla nuova Città, l’unico ad essere stato riassunto mentre per gli altri iniziavano i mesi di cassintegrazione prima e di disoccupazione poi.
Sui passaggi societari che hanno segnato quell’operazione editoriale c’è un’indagine della Procura, su cui non è certo questa la sede per soffermarsi. Quello che preme ricordare è che la storia de “la Città” nata nel 1996 e chiusa nel febbraio del 2019 non è quella del quotidiano oggi in edicola. È stata una bella storia, fatta di dignità, indipendenza, rapporti umani e amore vero per la professione. Oggi che il rapporto fiduciario con l’editore si palesa nella nomina a direttore, Siani avrebbe potuto semplicemente non farvi cenno. Scegliendo di rivendicarla, per trasporla tout court nella nuova esperienza professionale, impone a chi l’ha vissuta l’onere di ricordargli che quella storia, da quasi due anni, non è più la sua.
*segretario provinciale SUGC Salerno

Conte: «Garanzia pubblica impossibile per l’Inpgi, lavoriamo per allargare la platea»

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte conferma la disponibilità del governo a mettere in sicurezza l’Inpgi. Lo fa durante la tradizionale conferenza stampa di fine anno, ribadendo i vincoli di legge e l’impossibilità di qualsiasi sostegno diretto e indiretto ad una Cassa previdenziale privatizzata quale è l’istituto di previdenza dei giornalisti, e dunque l’impossibilità di perseguire l’idea di una ‘garanzia pubblica’ per l’Ente, ma anche auspicando «che si allarghi la base della platea contributiva ai comunicatori e si riesca a costruire un equilibrio finanziario ed economico che – afferma – consenta all’Inpgi di camminare con le gambe proprie. Dobbiamo lavorare insieme».

Introducendo la conferenza stampa, aperta da un minuto di silenzio in ricordo delle vittime del Covid e in solidarietà dei loro familiari, Conte tocca poi alcuni temi di rilievo per la professione, dalle querele bavaglio, all’abolizione del carcere per i cronisti, fino alla definizione dell’equo compenso per i lavoratori autonomi, ribadendo l’apertura dell’esecutivo al confronto e a lavorare con i rappresentanti della categoria.

Se sull’equo compenso il premier esprime la consapevolezza che si tratta di «una questione molto complicata» e che «complici anche le difficoltà dello scenario macroeconomico, purtroppo si sta diffondendo sempre più il precariato», riguardo al carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa «si tratta – rileva – di trovare un punto di equilibrio fra il diritto fondamentale alla manifestazione del pensiero e un grumo di diritti di pari dignità costituzionale».

E ricordando, infine, che su iniziativa della ministra Lamorgese e del sottosegretario Martella è stato riattivato l’Osservatorio del Viminale sulle minacce ai cronisti, tema che «seguiamo con grande attenzione», Conte conclude osservando che sulle querele bavaglio «ci sono varie iniziative parlamentari ed è giusto si trovi una sintesi: il governo è disponibilissimo a dare il suo contributo».

Morta Teresa Iaccarino, il cordoglio del Sugc

È morta oggi ad Anacapri all’età di 61 anni la giornalista Teresa Iaccarino a causa malattia contro la quale stava combattendo da tempo. Per anni è stata il volto di Telecapri, annunciatrice e conduttrice di diversi programmi televisivi come “Quasi Rete – Allo stadio con Telecapri”; “La clessidra – tempo televisivo”; “Il comune più veloce del sud”, “Drin Drin”; “Ospiti in casa mia” e “Buongiorno Cara Italia”. Ha condotto anche alcuni programmi televisivi per ragazzi come “Cinque punto zero” e “Sveglia ragazzi” che hanno fatto la storia dell’emittenza privata e locale. Il segretario Claudio Silvestri e tutto il direttivo del Sugc si stringono alla famiglia in questo momento difficile.

Lorusso: «I tagli all’editoria non profit bavaglio alla democrazia»

di Roberto Ciccarelli*

Una serie di norme di difficile decifrazione nei decreti «ristori» e poi la bocciatura di un emendamento nella legge di bilancio sul rinvio del taglio ai contributi pubblici per l’editoria non profit e cooperativa che colpisce, tra gli altri, il Manifesto. Per il segretario della Fnsi Raffaele Lorusso questo è «un provvedimento grave che conferma quello che avevamo capito da tempo. Esiste un disegno chiaro portato avanti da una parte importante di questo governo: ridurre il pluralismo dell’informazione, cominciando a fare sparire le voci delle minoranze, delle differenze, dei territori che non hanno altra voce. È cominciato con il primo governo Conte e sta continuando con quello attuale».

In questa crisi il governo sostiene l’’conomia, poi parla di «editoria 5.0», ma non elimina i tagli al non profit. Cosa fare per mettere ordine in questo caos?
Una riforma strutturale del settore è fondamentale. Il percorso intrapreso dal sottosegretario all’editoria Martella è incoraggiante. Detto questo però ci troviamo a commentare una legge di bilancio dove la montagna ha partorito il topolino. Il presidente del consiglio Conte, in occasione degli stati generali, ha riconosciuto pubblicamente il ruolo della stampa in questi mesi di pandemia. Ora serve una chiara volontà politica che riconosca nei fatti, e non solo a parole, il ruolo costituzionale che tutta l’informazione sta svolgendo e continuerà a svolgere in futuro nella formazione di un’opinione pubblica consapevole contro la diffusione delle fake news. Serve la stessa volontà che il governo, in una notte, è riuscito a trovare per inserire un emendamento «ad aziendam» per evitare la possibilità di una scalata a Mediaset. È giusto tutelare le aziende italiane. Ci aspettiamo la stessa determinazione per affrontare le criticità di tutto il settore, tutelando i diritti e le libertà. Tagli e bavagli non ci devono essere e vanno eliminati.

Equo compenso e lotta al precariato, cancellazione del carcere per i cronisti, contrasto alle querele bavaglio, riforma della Rai. A che punto è il confronto?
Sull’equo compenso e il lavoro mi auguro che entro febbraio il tavolo con governo e editori adotterà maggiori tutele per chi affronta retribuzioni inadeguate. Sul resto purtroppo siamo su un binario morto. È un film visto in altre legislature. In quella precedente la norma sulle querele bavaglio si è fermata dopo quattro letture al Senato. Ora è ancora lì, prevede la cancellazione della custodia carceraria, sollecitata dalla Corte costituzionale. La Rai è scomparsa dall’orizzonte. Presumo che, alla scadenza dell’attuale governance, si procederà con un’altra nomina del governo. Lo sganciamento del servizio pubblico dall’influenza del governo resterà sul tavolo.

Con un rosso da 250 milioni di euro la situazione dell’Inpgi è drammatica. In legge di bilancio il termine per l’eventuale commissariamento è slittato al 30 giugno 2021. E dopo?
Insieme allo slittamento, il governo ha riconosciuto il rimborso della spesa degli ammortizzatori sociali. È un atto di buona volontà e lo apprezziamo. Ma illudersi che basti significa pensare di fare le nozze con i fili secchi. Servono provvedimenti strutturali che permettano di allargare la platea degli iscritti. I comunicatori per il momento sono usciti dal tavolo. Il lavoro è l’unico carburante per tenere in piedi qualsiasi previdenza, se non c’è l’uno non c’è l’altra.

È stata proposta una garanzia pubblica per l’Inpgi. È realizzabile?
Se lo Stato deve ripianare il suo disavanzo ogni anno credo che questo non sia previsto dalla legge. L’unica garanzia pubblica possibile sarebbe quella che porta all’assorbimento dell’Inpgi nell’Inps dopo un periodo di commissariamento. Si possono immaginare altre forme di garanzia pubblica, ma questo presuppone una volontà politica che non si intravede. La dovrebbero esprimere un governo e un parlamento che hanno bocciato l’emendamento che rinvia di un anno il taglio all’editoria. Mi auguro che al tavolo dedicato si trovino le misure per garantire il Welfare e pagare le pensioni.

*L’intervista al segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, è pubblicata sull’edizione del Manifesto di martedì 22 dicembre 2020 e sul sito web del quotidiano.

‘Ritorna la libertà di stampa’, in uscita il nuovo libro di Giancarlo Tartaglia

Un “ma”. Fu questo l’alibi in virtù del quale per vent’anni il regime fascista si sentì autorizzato a considerare quella della stampa, e dell’informazione in senso più ampio, una libertà da concedere (e da reprimere) tra stringenti, autarchici e autoritari paletti. “La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi”, recitava l’articolo 28 dello Statuto Albertino, che si poneva a fondamento costituzionale delle norme sulla stampa contenute nell’Editto emanato qualche settimana più tardi. Un’impostazione ripresa anche agli albori dell’età repubblicana, quando all’articolo 21 della Carta fondamentale seguì a stretto giro quella legge 47 del 1948 che tuttora resta pietra d’angolo della ultrasettantennale normativa in materia.

Ma cosa accadde alla libertà di stampa nella fase di “interregno”, fra le 22.47 di domenica 25 luglio 1943 (quando Titta Arista annunciò dai microfoni dell’Eiar che il re imperatore aveva accettato le dimissioni di Mussolini e affidato la guida del governo al maresciallo Badoglio) e la mattina del 27 dicembre 1947, quando il capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, promulgò la Costituzione Italiana, in vigore dal 1° gennaio 1948? E poi fino all’8 febbraio dello stesso anno, giorno in cui ancora De Nicola firmò la legge numero 47 della Repubblica Italiana, “Disposizioni sulla stampa”?

Ce lo racconta Giancarlo Tartaglia in “Ritorna la libertà di stampa. Il giornalismo italiano dalla caduta del fascismo alla Costituente”, in uscita a gennaio 2021 per i tipi della società editrice Il Mulino. Un volume denso di date, riferimenti, aneddoti e retroscena, in cui lo storico direttore della Fnsi, storico del giornalismo e segretario generale della Fondazione sul giornalismo “Paolo Murialdi”, ricostruisce quei mesi in cui il mondo dell’informazione italiano fu attraversato da una profonda e radicale trasformazione, tra epurazioni di giornali e giornalisti, la nascita di nuove testate, una stagione di rinascita sindacale e la ricostituzione stessa del sindacato, la Federazione nazionale della Stampa italiana, nata nel 1908, messa fuori legge dal regime nel 1925 per essere sostituita dal Sindacato fascista dei giornalisti e poi rinata il 26 luglio 1943, il giorno dopo quell’annuncio diffuso dall’Eiar.

Un libro che ripercorre le vicende che porteranno a (ri)definire il concetto di libertà di stampa e quelle norme sul sistema dell’informazione che hanno regolato e ancora regolano la vita democratica della Repubblica. Regole, come l’articolo 21 della Carta, che si sono dimostrate nel corso dei decenni di particolare lungimiranza e capaci di adeguarsi ai tempi e alle rivoluzioni tecnologiche che nel tempo si sono susseguite e si stanno susseguendo. Mentre lo stesso non si può dire di leggi successive, che certo oggi (e non da oggi) hanno bisogno di essere rimodellate sui contorni nuovi della società liquida e globale.

Sempre nella consapevolezza che non può esservi libertà alcuna senza una informazione affrancata da condizionamenti di ogni tipo, fatta da giornalisti liberi anche dal ricatto della precarietà e dell’assenza di tutele, diritti e garanzie, oltre che dalle minacce, dalle querele bavaglio, dalla permanenza nell’ordinamento della previsione del carcere per il reato di diffamazione.

Manovra, ok in commissione Bilancio alle misure di sostegno all’Inpgi

È stata approvata dalla commissione Bilancio della Camera una modifica alla legge di Bilancio che introduce misure di sostegno all’Inpgi, l’ente di previdenza dei giornalisti italiani, come fiscalizzazione integrale degli oneri sociali, l’estensione all’Istituto degli sgravi previdenziali e lo slittamento dello scudo contro il commissariamento. Il testo dell’articolo aggiorna l’emendamento n. 5.04 al disegno di legge A.C. 2790 bis, presentato dai deputati Filippo Sensi, Debora Serracchiani e Antonio Viscomi (Pd). Nel dettaglio, si proroga di 6 mesi, fino al 30 giugno 2021, il termine in cui è sospesa l’efficacia delle disposizioni per nominare un commissario straordinario per i provvedimenti per riequilibrare la gestione dell’Inpgi 1.

Le norme introdotte, fino al 31 dicembre 2021, pongono inoltre a carico dello Stato, a titolo di fiscalizzazione, l’onere, comprensivo delle quote di contribuzione figurativa accreditate, sostenuto dall’Inpgi per i trattamenti di cassa integrazione, solidarietà e disoccupazione erogati in favore degli iscritti, consentendo in sostanza il ristoro da parte dello Stato delle somme che pagherà l’Inpgi per far fronte agli ammortizzatori sociali della categoria.

Per le assunzioni, dal 1° gennaio 2021, vengono riconosciuti ai giornalisti gli incentivi statali finalizzati alla salvaguardia o all’incremento dell’occupazione riconosciuti in favore dei datori di lavoro per la generalità dei settori economici sotto forma di sgravi o esoneri contributivi.

Si stabilisce infine che l’Inpgi, a sostegno dell’efficacia degli interventi indicati nella norma e in sostanza per avviare un risanamento dei conti dell’istituto in deficit di oltre 250 milioni di euro, «adotta le ulteriori misure necessarie per il riequilibrio della gestione sostitutiva dell’assicurazione generale obbligatoria da sottoporre alla vigilanza statale ai sensi del medesimo decreto legislativo».

Lotta al precariato e Inpgi, Fnsi: «Sì ai tavoli con il governo, ma pronti alla mobilitazione»

La Federazione nazionale della Stampa italiana prende atto della dichiarata volontà del governo di giungere in tempi brevi a soluzioni negoziate su lotta al precariato, equo compenso e messa in sicurezza dell’Inpgi. La giunta esecutiva e la Consulta delle Associazioni regionali di Stampa hanno condiviso con il segretario generale Raffaele Lorusso la volontà di arrivare a risultati soddisfacenti, attraverso il confronto costruttivo con gli editori e lo stesso governo.

Il sostegno pubblico al settore è indispensabile e imprescindibile, ancor più in una situazione di difficoltà resa drammatica dalla pandemia. Allo stesso tempo, è auspicabile che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il governo trovino il coraggio, mancato fino ad oggi, per dar seguito alle dichiarazioni di intenti, mettendo in campo provvedimenti concreti per tutelare e rafforzare il mercato del lavoro. La dignità delle persone, la lotta alle diseguaglianze, il diritto a un’equa retribuzione non possono essere temi buoni soltanto per i convegni e i talk show, ma richiedono una chiara volontà politica per adottare interventi mirati e risolutivi.

Con la stessa celerità e la stessa determinazione con cui vengono messe a punto e sostenute norme “ad aziendam”, nonostante i rilievi dell’Unione europea, da parlamento e governo è lecito attendersi un’accelerazione su proposte di legge e provvedimenti che riguardano il settore nel suo complesso – dalla cancellazione del carcere per i cronisti al contrasto alle querele bavaglio, fino alla riforma del servizio pubblico radiotelevisivo  – da tempo in discussione e finiti su un binario morto.

Lo stesso discorso vale per la messa in sicurezza dell’Inpgi. Nel dare atto al governo di aver espresso la disponibilità a intraprendere un percorso graduale e condiviso di messa in sicurezza dei conti dell’Istituto, con provvedimenti da inserire già nella prossima legge di Bilancio e sgombrando il campo da equivoci legati a presunte garanzie pubbliche, peraltro vietate dalla legge, la Fnsi sarà al fianco del gruppo dirigente dell’Inpgi nella battaglia per l’autonomia, presupposto indispensabile per garantire la libertà di informazione.

Alla parole devono seguire i fatti. Il primo banco di prova, da questo punto di vista, sarà il mercato del lavoro. L’impegno del governo ad adottare un provvedimento sul contrasto al precariato nel caso in cui le parti sociali non trovassero un accordo entro il prossimo 15 febbraio dovrà essere mantenuto. Ulteriori rinvii e perdite di tempo richiederanno la messa in campo di tutte le azioni di mobilitazione e di lotta.

‘Notizie di transito’, presentato l’ottavo rapporto di Carta di Roma

È stato presentato in streaming mercoledì 16 dicembre 2020 l’VIII Rapporto della Carta di Roma “Notizie di transito”, un’analisi dei media italiani aggiornata al 31 ottobre 2020. «Leggendo le cronache e i racconti delle migrazioni tendiamo ad essere più condizionati dalla propaganda che dai fatti reali», rileva Valerio Cataldi, presidente dell’associazione Carta di Roma, nella introduzione allo studio curato dall’Osservatorio di Pavia. «Se prima ad essere negativo era il ruolo dei clandestini, ora si è aggiunta la connotazione negativa dell’infetto, dell’untore, sempre attribuita al migrante», ribadisce Cataldi, in occasione della presentazione.

«Nel 2020 c’è stata una riduzione di notizie relative all’immigrazione, con il 34% in meno rispetto al 2019. Nei telegiornali del prime time, a differenza degli anni precedenti, l’attenzione è stata discontinua: nei primi dieci mesi del 2020 le notizie trasmesse sono la metà rispetto a quelle rilevate negli ultimi due anni», evidenzia Giuseppe Milazzo, ricercatore dell’Osservatorio di Pavia.

Guardando ai titoli della stampa, nazionale e locale, quotidiani e periodici, si osserva che la dimensione più rilevante è quella dell’allarme. Crolla la criminalità, ma permane la stigmatizzazione dei migranti come veicolo di contagio. Il 13% dei titoli della stampa sui migranti è situato nella cornice di allarme sanitario, riconducibile all’emergenza Covid-19. «Quando il virus riprende la sua marcia intorno a noi, allora l’argomento migranti va in secondo piano. Infatti durante l’estate, quando abbiamo avuto meno timore del virus, il tema migranti è tornato in auge. È come se avessimo bisogno della paura e senza paura sembra che non riusciamo neanche a fare politica», sottolinea Ilvo Diamanti, professore dell’Università di Urbino e direttore di Demos&PI, che prosegue «il virus è estraneo ed esterno a noi eppure è dentro di noi. L’immigrazione fa meno paura perché abbiamo un’altra paura più incombente».

In linea con l’anno precedente e con le rilevazioni degli ultimi anni, immigrati, migranti e profughi hanno voce nel 7% dei servizi. A questo proposito Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa evidenzia come «molti media mainstream che lavorano su questi temi soprattutto a livello europeo raccolgano informazioni, concentrandosi soprattutto su quando accade nel Mediterraneo. Si potrebbero raccontare altre storie, quelle dei flussi dai Balcani, o anche il flusso delle persone che arrivano in aereo – aggiunge – ma soprattutto è importante raccogliere storie reali, anche se non sempre positive, per ascoltarle dai diretti interessati dando loro voce».

Inoltre, «i migranti vengono identificati come mezzo di propagazione del virus, questo diventa di fatto uno strumento retorico di propaganda che distrae l’opinione pubblica dai reali problemi, dalle cifre effettive, depistandone l’attenzione», sottolinea Triantafillos Loukarelis, direttore dell’Unar.

La nuova edizione del Rapporto mostra anche uno spaccato di cosa avviene sui social network in tema di migrazioni e migranti. «Il nostro Facebook personale – dice Giulio Cavalli, attore e scrittore – è diverso da quello degli altri, mostra ovviamente altri risultati. Questa differenza determina una grande distanza. Di fatto riteniamo che il mondo social sia uguale, ma invece è profondamente diverso. E poi c’è un secondo punto, che è quello della disumanizzazione, della spersonalizzazione, quando si raccontano i migranti non abbiamo una loro rappresentazione emotiva, come se fossero un’altra appartenenza rispetto a noi. I social possono e devono essere un luogo di approfondimento, di complessità, non dobbiamo rinunciarci», conclude.

Per Lucia Ghebreghiorges, giornalista e attivista, «a livello comunicativo, di testate, da un lato si pone l’emergenza e dall’altro l’indifferenza. È stato per me interessante notare come, nello scrivere dei decreti sicurezza si ponesse molto l’accento sulla trattazione dell’accoglienza e si lasciasse in secondo piano la questione della cittadinanza, che non è stata impattata se non in piccola misura». Mentre la giornalista di Repubblica Conchita Sannino pone una riflessione «che riguarda la mancanza di tempo giornalistico necessario per l’approfondimento. Ed invece – rileva – questo tempo dobbiamo prendercelo, abbiamo il dovere e la necessitò di essere attivi ed attenti, usando le parole giuste per dare profondità. Dobbiamo presidiare il cambiamento narrativo che stiamo vivendo, per essere vigili reciprocamente».

Non resta che cogliere l’occasione del “transito”, della sospensione della centralità dell’immigrazione nei media e nell’agenda politica per «costruire un racconto che dia conto della complessità. Chi alza i muri dell’odio – è il commento del presidente Fnsi, Giuseppe Giulietti – non ce l’ha con i giornalisti, ce l’ha con i cittadini che debbono essere oscurati e imbavagliati».

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Premio Pimentel Fonseca, Giulietti: «Saremo scorta mediatica per Mario Paciolla»

«Grazie a voi e a chiunque si ostina da dare sostegno alle voci libere e a chi cerca di costruire una rete di donne e di uomini che hanno a cuore i valori racchiusi nella Costituzione. Il sindacato dei giornalisti c’è, è con voi nelle vostre battaglie contro l’oscurità e contro i bavagli, perché abbiamo scelto di essere “scorta mediatica” per chiunque reclami verità e giustizia e per questo siamo al vostro fianco nella ricerca della verità sulla vicenda di Mario Paciolla, cui avete deciso di dedicare questa edizione del premio Pimentel Fonseca. Non si tratta di una “questione di famiglia”, ma di una questione pubblica, nazionale, di democrazia». Così il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, intervenendo alla presentazione della sesta edizione del premio tributato ogni anno nell’ambito del Festival internazionale di giornalismo civile ‘Imbavagliati’, ideato e diretto da Désirée Klain.

«Paciolla – ha aggiunto Giulietti – era anche un giornalista: aveva a cuore la libertà di informazione. Quello che è successo in Colombia ha ancora troppi punti oscuri. Ecco perché dobbiamo essere “scorta mediatica” per lui e i suoi familiari. È l’unico modo per non dimenticare, per amplificare la voce di chi chiede verità e giustizia per Mario, per evitare che la sua vicenda cada nell’oblio. Ed è per questo che facciamo nostra la lettera della famiglia Paciolla e chiediamo a tutte le televisioni, i giornali, le radio di rilanciarla. Siamo a disposizione dei genitori e degli amici di Mario e se vorranno saremo parte civile al loro fianco in un eventuale processo. È una battaglia di civiltà».

PER APPROFONDIRE
Di seguito la lettera della famiglia Paciolla inviata alla direzione del Festival ‘Imbavagliati’ che ha dedicato a Mario la sesta edizione del premio Pimentel Fonseca assegnato quest’anno alla giornalista colombiana Claudia Julieta Duque.

LA LETTERA DEI GENITORI DI MARIO PACIOLLA