Archivio mensile:Novembre 2012

Qualità della vita, il delirio di Erri De Luca

Per il Sole24 Ore Napoli è penultima per la qualità della vita, per Erri De Luca la classifica è sbagliata

Ecco il testo:

Il Sole 24 ore pubblica una statistica sulla qualità della vita secondo la quale Napoli è all’ultimo posto. Ignoro i criteri di valutazione ma dubito che siano adeguati allo scopo. C’è qualità di vita in una città che vive anche di notte, con bar, negozi, locali aperti e frequentati, a differenza di molte città che alle nove di sera sono deserte senza coprifuoco. Qualità della vita poter mangiare ovunque cose squisite e semplici a prezzi bassi, che altrove sarebbero irreali. Qualità di vita il vento che spazza il golfo dai quattro punti cardinali e fa l’aria leggera. Qualità di vita la cortesia e il sorriso entrando in un negozio, la musica per strada. Qualità di vita il mare che si aggira nella stanza del golfo tra Capri, Sorrento e Posillipo. Qualità di vita la storia che affiora dappertutto. Qualità di vita la geografia che consola a prima vista e qualità di vita l’ironia diffusa che permette di accogliere queste graduatorie con: “Faciteme ‘o piacere”. Per consiglio, nelle prossime statistiche eliminate Napoli, è troppo fuori scala, esagerata, per poterla misurare.

Ebbene, lo scrittore elenca solo 3-4 parametri: i locali e la vita notturna, le bellezze naturali e turistiche e l’indice di creatività. Il Sole ne analizza 36, tra questi ci sono anche i risparmi, i consumi, l’abitazione che per troppi napoletani sono un problema molto serio, per De Luca no, evidentemente. La cartolina che descrive lo scrittore è valida solo per una Municipalità su dieci, Chiaia-Posillipo-San Ferdinando, quella del Sole riguarda anche Poggioreale, Scampia, Marianella, Pianura e i 96 Comuni della Provincia di Napoli. Menomale che a raccontare Napoli, ogni tanto, ci sono anche dei freddi numeri e non i soliti pochi privilegiati che hanno una possibilità che la stragrande maggioranza della popolazione indigena non ha: quella di scegliere. De Luca ha scelto di vivere a Roma, così come altri scrittori che continuano a raccontare un luogo che non esiste. Per carità, va bene anche la poesia, ma ogni tanto ci vorrebbe anche un po’ di onestà. De Luca “facce ‘o piacere”!

Sul web Napoli città migliore, e c’è chi vuole tornare

I problemi della città? Il sindaco li monitora dalla rete. Una squadra di esperti informatici a Palazzo San Giacomo analizza costantemente i flussi, lo stream dei temi caldi: rifiuti, strade, scuola, stadio. Poi si tirano le somme. Il risultato corrisponde quasi sempre alla realtà. Sotto l’occhio del superpool di Luigi de Magistris ci sono quattro social network, i più noti, e una ventina di siti internet, circa 30mila commenti al mese divisi in una cinquantina di argomenti. Il primo cittadino riceve tutto sul proprio telefonino e risponde personalmente, cerca di farlo con tutti, anche con chi lo offende, mai con chi lo insulta gratuitamente. Dedica ogni giorno almeno due ore ai social network, in genere di notte. Le risposte non sue portano la dicitura “staff”. E allo staff si rivolge quando c’è un argomento che deve essere approfondito o un problema che deve essere risolto. E se non viene risolto si arrabbia, molto. Insomma, non è facile lavorare con l’ex pm. Molti dei suo collaboratori pensano che non dorma mai.

Ora si sta ragionando sulle tabelle aggiornate al mese di ottobre. Le cose sono cambiate molto, sia rispetto al giorno dell’elezione che rispetto al periodo compreso tra maggio e giugno scorso (quando furono pubblicati i primi dati) e quando l’apprezzamento per l’operato della giunta arancione era al massimo. In soli quattro mesi c’è stato un calo notevole.
Il dato più evidente resta quello dei rifiuti, nel maggio del 2011, periodo delle elezioni comunali, il tema dominante era quello dell’immondizia: il 62% dei commenti sulla città era dedicato a questo, un vero incubo per i napoletani; ad ottobre del 2012 il dato è precipitato allo 0,16%. Insomma, qualcosa è cambiato, anche se resta vivo il tema della spazzatura lasciata fuori dai cassonetti. Tema strettamente collegato è quello del Turismo (elogi a Napoli) che nel periodo dell’emergenza rifiuti era allo 0%. Oggi è al 2%, ma ha raggiunto picchi tra il 7,20% e il 9,20% tra maggio e agosto. Un risultato enorme dal punto di vista del marketing territoriale. Un tema che spunta a sorpresa e che cresce costantemente è quello del “desiderio di tornare a Napoli” che è passato dall’1,1% al 7,40% di settembre e al 6,20 di ottobre. La nuova immagine della città riscalda i napoletani che sono fuggiti.
Per quanto riguarda, invece, i disagi: si va dalla viabilità alla scuola, tema che è emerso con forza negli ultimi due mesi con il problema della mancata refezione scolastica. Della refezione, infatti, non si è mai parlato fino al settembre scorso quando la percentuale dei commenti è salita improvvisamente al 2,72%, fino al 3,20% del mese scorso. Per quanto riguarda la pista ciclabile, i commenti negativi 1% sono il doppio di quelli positivi. Anche il problema dei trasporti è esploso nell’ultimo periodo: dallo 0,20% del 2011 si è passati al 2,20%. L’unico problema veramente costante è quello dei parcheggiatori abusivi, le variazioni sono praticamente inconsistenti: resta un problema molto sentito e, fino ad ora, non ci sono state azioni concrete per risolverlo. Altro tema caldo è rappresentato dalle Ztl. Nel primo periodo giudizi negativi e positivi sono cresciuti in maniera inversamente proporzionale: alla fine quelle positive hanno superato quelle negative. Per la Ztl del mare, invece, le critiche negative sono cresciute costantemente, fino a raggiungere l’1,40%, mentre quelle positive sono calate, ma superano di gran lunga (3,90%) quelle degli insoddisfatti. Drammatica la situazione delle strade, nonostante gli interventi (pochi) la pioggia di lamentele è costante (stiamo al 4,10%). Ma i napoletani, nonostante i problemi che affliggono la città, sono attentissimi alla situazione dello stadio della squadra di pallone. Pare che la fede calcistica sia l’unico vero bene comune.
Per quanto riguarda il giudizio sull’operato del sindaco c’è stata una crescita costante dell’apprezzamento che è passata dallo 0% all’8,10% nel periodo appena successivo alla Coppa America, per calare di nuovo tra agosto e ottobre. Le critiche, invece, hanno avuto un andamento costante, sono cominciate a salire nell’aprile scorso, fino a raddoppiare ad ottobre, raggiungendo il 3,20% del totale dei commenti.

Odifreddi: gli israeliani? Sono come i nazisti

Di seguito l’articolo di Piergiorgio Odifreddi censurato da Repubblica

Piergiorgio Odifreddi

Uno dei crimini più efferati dell’occupazione nazista in Italia fu la strage delle Fosse Ardeatine. Il 24 maggio 1944 i tedeschi “giustiziarono”, secondo il loro rudimentale concetto di giustizia, 335 italiani in rappresaglia per l’attentato di via Rasella compiuto dalla resistenza partigiana il 23 maggio, nel quale avevano perso la vita 32 militari delle truppe di occupazione. A istituire la versione moderna della “legge del taglione”, che sostituiva la proporzione uno a uno del motto “occhio per occhio, dente per dente” con una proporzione di dieci a uno, fu Hitler in persona.

Il feldmaresciallo Albert Kesselring trasmise l’ordine a Herbert Kappler, l’ufficiale delle SS che si era già messo in luce l’anno prima, nell’ottobre del 1943, con il rastrellamento del ghetto di Roma. E quest’ultimo lo eseguì con un eccesso di zelo, aggiungendo di sua sponte 15 vittime al numero di 320 stabilito dal Fuehrer. Dopo la guerra Kesselring fu condannato a morte per l’eccidio, ma la pena fu commutata in ergastolo e scontata fino al 1952, quando il detenuto fu scarcerato per “motivi di salute” (tra virgolette, perché sopravvisse altri otto anni). Anche Kappler e il suo aiutanteErich Priebke furono condannati all’ergastolo. Il primo riuscì a evadere nel 1977, e morì pochi mesi dopo in Germania. Il secondo, catturato ed estradato solo nel 1995 in Argentina, è tuttora detenuto in semilibertà a Roma, nonostante sia ormai quasi centenario.

In questi giorni si sta compiendo in Israele l’ennesima replica della logica nazista delle Fosse Ardeatine. Con la scusa di contrastare gli “atti terroristici” della resistenza palestinese contro gli occupanti israeliani, il governo Netanyahu sta bombardando la striscia di Gaza e si appresta a invaderla con decine di migliaia di truppe. Il che d’altronde aveva già minacciato e deciso di fare a freddo, per punire l’Autorità Nazionale Palestinese di un crimine terribile: aver chiesto alle Nazioni Unite di esservi ammessa come membro osservatore! Cosa succederà durante l’invasione, è facilmente prevedibile. Durante l’operazione Piombo Fuso di fine 2008 e inizio 2009, infatti, compiuta con le stesse scuse e gli stessi fini, sono stati uccisi almeno 1400 palestinesi, secondo il rapporto delle Nazioni Unite, a fronte dei 15 morti israeliani provocati in otto anni (!) dai razzi diHamas. Un rapporto di circa 241 cento a uno, dunque: dieci volte superiore a quello della strage delle Fosse Ardeatine. Naturalmente, l’eccidio di quattro anni fa non è che uno dei tanti perpetrati dal governo e dall’esercito di occupazione israeliani nei territori palestinesi.

Ma a far condannare all’ergastolo Kesserling, Kappler e Priebke ne è bastato uno solo, e molto meno efferato: a quando dunque un tribunale internazionale per processare e condannare ancheNetanyahu e i suoi generali?

Grillo scende dal podio, sul web de Magistris è il più influente

Beppe Grillo 

Luigi de Magistris

Sui social network Luigi de Magistris supera il fenomeno Beppe Grillo. A dirlo è Klout il sistema che calcola l’indice di influenza sugli utenti della rete. Su Twitter il sindaco arancione si attesta su un punteggio di 83, in vetta alla classifica dei politici italiani, Grillo è un gradino sotto, a 82. Ma non è un risultato da sottovalutare, visto che il comico genovese pareva essere l’unico guru del web, l’unico che potesse mobilitare folle oceaniche con un click. Allo stesso punteggio troviamo Nichi Vendola. Mentre Antonio Di Pietro raggiunge gli 80. Gli altri sono molto più giù. Secondo gli esperti di marketing se il klout score supera i 75, l’utente dovrebbe essere capace di influenzare più di 100mila persone. Il modo di calcolare la capacità di influenzare gli utenti dei social network è, chiaramente, opinabile, ma certamente, fino ad ora, funzionale, visto che al colosso americano del buzz marketing (il marketing del passaparola) si affidano un centinaio di marchi (brand) internazionali. Anche le elezioni americane si sono giocate molto su internet. Basti pensare che il recordman del klout score è proprio Barack Obama, che si assesta sui 99 (ad un punto dal massimo). Tutto si fonda sul principio che lo strumento migliore per promuovere un marchio, una idea, un politico è il passaparola. L’importante è individuare nelle comunità virtuali gli utenti più influenti, i cosiddetti influencer, quelli che vengono seguiti di più per i contenuti che inseriscono.

«On line il 90% dei contenuti è creato dal 10% degli utenti, queste persone sono gli influencer, quando si accede alla rete per avere un’informazione, si accede ad un’informazione che di solito è integrata dall’influencer o è creata direttamente dall’influencer dice Gianroberto Casaleggio, l’informatico che c’è dietro al movimento di Beppe Grillo L’influencer è un asset aziendale, senza l’influencer non si può vendere, c’è una statistica molto interessante per le cosiddette mamme on line, il 96% di tutte le mamme on line che effettua un acquisto negli Stati Uniti, è influenzato delle opinioni di altre mamme on line che sono le mamme on line influencer». Il dibattito è attuale. Proprio in questi giorni si discute di quanti influencer sostengono Grillo, ce ne sarebbero almeno dieci da 100mila utenti ognuno. Agli influencer si devono poi aggiungere i numerosi fake (utenti falsi) che “aiutano” i vari candidati. Ma se dietro il comico genovese c’è una struttura come la Casaleggio associati, dietro de Magistris c’è un gruppo di giovani esperti guidati dal fratello Claudio, vero deus ex machina dei successi di “Giggino” (che comunque ha un ruolo primario nelle scelte). Insomma, un fenomeno tutto fatto in casa dai numeri eccezionali. Questi, però, sono i numeri di Twitter, il blog di Grillo resta tra i più seguiti del mondo, in Italia il più importante in assoluto. Per quanto riguarda la guerra interna al Pd, tra Matteo Renzi e Pierluigi Bersani ci sono soltanto tre punti di differenza, ma ci troviamo sotto la soglia dei grandissimi numeri. Il sindaco di Firenze, infatti, raggiunge 76/100, mentre il segretario del Partito democratico si ferma a 73.

Usa, a Napoli blogger e influencer per l’election night

Il console Donald L. Moore dà il benvenuto ai suoi ospiti
(foto R.De Maddi)

Al consolato americano di Napoli tutti “tifano” per Obama, ma nessuno lo dice. Sulle giacche si vedono tanti asinelli democratici, nessun elefantino repubblicano. Il console Donald Moore, invece, ha una spilla con due bandiere che si incrociano, una americana e una italiana. È maestro di diplomazia, ha già votato via fax, ma non rivela nulla, neanche sotto tortura: «Di sicuro un Presidente degli Stati Uniti», risponde a chi glielo chiede. Per l’election day al palazzo bianco di via Caracciolo ci sono circa 200 invitati che sfidano il caldo delle sale senza aria condizionata. Rispetto alle elezioni precedenti il clichè è completamente cambiato, quattro anni sono un’eternità nell’era transmediale. Non ci sono magistrati, rappresentati delle istituzioni e delle forze dell’ordine. Non c’è il solito buffet d’ordinanza. Ci sono tanti blogger, qualche giornalista e molti influencer, persone che con i social media ci sanno fare, gli opinion leader del web. Ci sono il pd Francesco Nicodemo, che ha un klout (misuratore di influenza) da record, già accusato di essere influencer per Renzi; c’è il guru napoletano del transmediale Antonio Prigiobbo (il “sindaco” delle start-up); poi Roberto Esposito, esperto di comunicazione virale e recordman di contatti su Facebook (per questo scelto da Greenpeace International per curare una campagna di protesta, vinta, contro Facebook) e tanti altri. Gli americani stanno un passo avanti sulla comunicazione, sempre. E hanno fatto centro perché, nella lunga notte delle elezioni, le bacheche di Facebook sono già piene di post con commenti e foto dal consolato. Per chi, da fuori, voleva dare una sbirciatina c’era anche la diretta streaming sul profilo del consolato. Il dibattito si sposta su Twitter, l’hashtag della serata è #ElectionNightNaples. Su uno schermo vengono proiettati i tweet di chi sta seguendo lo spoglio. L’election day si vive all’interno e fuori dal palazzo, a Napoli e in ogni posto del mondo.

Mentre si aspetta si parla delle elezioni americane, di come si svolgono. Ne parla il console con il piglio dello showman, scherzando sul suo italiano non troppo preciso. Ma anche dalla professoressa di Diritto pubblico comparato della Federico II Maria Elisabetta De Franciscis e dai suoi studenti. Mentre si aspetta si mangia, il buffet annunciato è americano, ma c’è la pizza: «Ci sono i pomodori – si giustifica il console – li abbiamo portati noi». Non mancano gli hot dog, cotti su un barbecue allestito per l’occasione su un terrazzo del consolato, birre e bibite americane che si pescano nel freezer pieno di ghiaccio. Insomma, una serata da abbigliamento informale, come era scritto sull’invito. L’unico rappresentante delle istituzioni che fa capolino, è l’assessore alle Attività produttive del Comune di Napoli, il giornalista Marco Esposito, sostenitore convinto delle nuove tecnologie della comunicazione.
Passano le ore della notte e il risultato si fa sempre più evidente, gli ospiti sono andati via, ma al consolato le luci sono accese. Sono le cinque del mattino, Obama vince. «È stata una campagna elettorale avvincente e a volte aggressiva ma, non appena si è conclusa, sia il vincitore che il perdente hanno sottolineato che adesso, da entrambe le parti, si ritroverà l’unità nazionale necessaria al progresso del Paese», commenta Moore soddisfatto. Ma non è come quattro anni fa, quando ci fu anche qualcuno che scese in piazza. Si festeggia con il solito folclore di casa nostra, con la pizza e sul presepe, dove spunta la statuina dell’eroe dei media di turno. Il primo a mettere Presidente degli Stati Uniti vicino alla grotta col “bambinello” è l’artigiano Genny Di Virgilio. Obama ha la corona, Romney ha sul viso due lacrime che sembrano due zampogne.
Al centro storico, in via Tribunali, invece, il pizzaiolo Sorbillo ha festeggiato con la distribuzione di pizze a portafoglio gratis. Quelle, per capirci, che gustò durante il G7 a Napoli l’allora Presidente Clinton. Inoltre è stata realizzata una mega pizza “W Obama”. «Adesso aspettiamo il Presidente americano a Napoli – dichiarano il commissario regionale dei Verdi Ecologisti Francesco Emilio Borrelli ed il pizzaiolo Gino Sorbillo promotori assieme ad Antony Quattrone dei comitati per Obama – visto che la nostra è stata una delle comunità che maggiormente si è mobilitata a suo favore a livello internazionale. Gli abbiamo anche spedito nelle scorse settimane il cornetto portafortuna realizzato sempre da Ferrigno. A quanto pare funziona alla grande».

Le relazioni umane? Un massacro. La verità di Polansky

di Roberto Gallone*

Siamo tutti dei barbari! Godiamo nel celebrare il Dio del massacro (“Carnage”) e, per quanto ci sforziamo di essere civili, corretti, perbene e con un certa levatura morale, la prevaricazione e l’ipocrisia ci sovrastano a prescindere.

Carnage, coerente e fedele alla sua natura teatrale (ne mantiene l’unità di tempo, luogo e azione), racconta di un ragazzino che ferisce un suo coetaneo con un bastone. I genitori della “vittima” invitano i genitori del “carnefice” a casa loro per cercare di risolvere e chiarire la cosa in maniera “civile”… chiusi in un appartamento di New York, le due coppie (rappresentanti modello della middle e upper class statunitense), discutono di questioni assicurative, ma anche di Darfur e collezioni di libri d’arte, di torte e crostate, di articoli casalinghi e cellulari, di whisky, di criceti, e di sigari. I quattro si prodigano in scuse e convenevoli, mostrano comprensione per la fastidiosa vicenda di violenza tra i ragazzi e recitano il copione da veri adulti politicamente corretti, tuttavia, coltivano e nascondono il fastidio, l’ostilità, il disprezzo e l’insofferenza verso la coppia rivale.

Penelope e Michael, i padroni di casa, sono i genitori middle-class della “vittima”. Lei, scrittrice frustrata di discutibile successo, burina di classe che si atteggia a signora, bacchettona, pignola, permalosa, isterica e repressa che fa finta di amare l’arte moderna e che prende a cuore le questioni umanitarie dell’Africa. Lui, benestante, bolso, bonaccione e un tantino ignorante, fintamente diplomatico con i nervi a fior di pelle che commercia articoli casalinghi e che, sicuramente, se ne frega dei diritti umani e del Darfur.

Nancy e Alan, i due ospiti, sono, invece, i genitori upper-class del “carnefice”. Lei, una professionista raffinata ed elegante, rigida, falsa e ipocrita, equilibrata esponente dell’alta finanza newyorkese ma, succube di un marito dominante. Lui, avvocato di successo, menefreghista, anaffettivo, egocentrico, pragmatico, sbruffone e cinico ma insicuro e in affanno senza il suo Blackberry.

Polansky non si preoccupa di descriverci la natura ipocrita, falsa e meschina degli uomini, ma di come gli stessi si impongano di parlarne fino allo sfinimento, senza rendersi conto di quanto siano ridicoli e di come, di un avvenimento sostanzialmente futile ed inesistente, facciano drammi inutili lasciando trapelare ansie, egoismi, indifferenze e un’immensa infelicità deposta nella quotidianità (tutti dichiarano di vivere il giorno più infelice della loro vita).

Il gioco sembra sia proprio quello di mettere insieme quattro idioti in una stanza, convinti di essere depositari della verità e vederli torturarsi sulle loro bassezze morali. La storia potrebbe finire subito e in più occasioni, alla prima incomprensione, al primo congedo sull’uscio della porta, quando ormai non c’è nessuno evento esterno che li obblighi a rimanere insieme, possono finalmente separarsi ma, inevitabilmente, c’è sempre uno dei quattro che non può fare a meno di lanciare una provocazione del tutto gratuita e… il gioco (al massacro) continua.

*psicologo ed esperto di cinema

Così Napoli dimentica Valenzi, e la mostra emigra a Roma

Maurizio Valenzi

La mostra su Maurizio Valenzi? Costretta ad emigrare Roma perché ignorata dalle istituzioni locali. Regione e Comune hanno pensato bene di non partecipare in alcun modo ad un evento di innegabile rilevanza culturale per la città. Valenzi è stato sindaco della città per otto anni (dal 1975 al 1983), oltre che parlamentare, dirigente del Pci e anche pittore (proprio le sue opere sono protagoniste dell’esposizione). È un pezzo importante di storia napoletana. Eppure, durante tutto l’anno, si finanziano eventi di discutibile valore (per fare solo un esempio, la Piedigrotta è costata 230mila euro, ma nessuno si è accorto della festa). Da Palazzo San Giacomo è arrivata solo una promessa dall’assessore Antonella Di Nocera: 5mila euro ai quali la Fondazione presieduta dalla figlia Lucia ha, chiaramente, rinunciato. Del resto, non era necessario garantire dei soldi. Bastava affermare il proprio interesse per la mostra, magari con uno spazio, anche nei sottostimati musei della città, come il Pan o il Madre. L’interesse è arrivato, invece, dai privati. Primo tra tutti il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha sostenuto l’evento, ma anche Gianni Letta (entrambi membri della Fondazione). In tutto sono una settantina che, in diverso modo, hanno partecipato, attraverso l’acquisto di litografie, ad ottenere il budget necessario per l’allestimento (circa 100mila euro). Budget nel quale non manca il contributo decisivo della famiglia Valenzi.

L’evento sarà presentato oggi ufficialmente con un forum nel quale gli organizzatori apriranno una riflessione: “È possibile realizzare una mostra senza finanziamenti pubblici? Ed è giusto che le istituzioni non supportino la grande antologica dedicata ad un artista che è stato parlamentare e sindaco di Napoli?”. «Oggi presenteremo la Mostra ma anche come la abbiamo finanziata – afferma il segretario della Fondazione, Roberto Race -. In un momento come questo è fondamentale essere chiari su come si riescono a finanziare le attività e da qualche giorno già si parla del nostro come un modello virtuoso. Certo che ci chiediamo perché le istituzioni campane, a partire dalla Regione Campania, abbiano sottovalutato o non voluto valutare il progetto che non potrà arrivare a Napoli proprio per carenza di fondi. La famiglia Valenzi – continua Race – si è impegnata personalmente vendendo alcune opere e soprattutto abbiamo potuto fare la la mostra grazie al decisivo contributo di amici e aziende che generosamente hanno voluto sostenerci e a cui abbiamo donato una serie di litografie a tiratura limitata tratte da opere di Maurizio Valenzi realizzata gratuitamente da Archivio dell’Arte di Luciano Pedicini e Arti Grafiche Boccia spa. Insomma – conclude il giornalista – abbiamo fatto quello che si fa nei luoghi dell’arte. Abbiamo avuto il sostegno di privati interessati all’artista. Quello che è mancato, e che avviene nei luoghi dell’arte, è che il pubblico interviene proporzionalmente».
La mostra, dal titolo “Maurizio Valenzi. Arte e Politica”, sarà aperta dal 7 al 28 novembre a Roma a Palazzo Valentini. È curata dallo storico dell’arte Claudio Strinati e promossa dalla Fondazione Valenzi. L’inaugurazione si terrà martedi con la visita privata del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il vernissage dell’esposizione si svolgerà invece dalle 18.