Archivio mensile:Maggio 2012

Minaccia anarchica, Sementa sotto scorta

«Non è la prima volta e non sarà l’ultima. È il mio lavoro e non mi faccio intimorire». Il comandante della polizia municipale, Luigi Sementa, commenta così le minacce e gli insulti che i gruppi anarchici stanno lanciando in questi giorni con messaggi sui muri del centro storico. Ce ne sono diverse. In piazzetta Nilo si legge ”Guardie infami. Sementa merda”, di fronte al conservatorio San Pietro a Majella con la solita vernice nera è scritto “No alla videosorveglianza. Sementa infame”. In entrambi i casi campeggia la “A” cerchiata, il simbolo dei gruppi anarchici. La campagna più dura contro il generale dei carabinieri che guida il corpo dei vigili urbani, però, arriva dal web, e porta la firma dei centri sociali, come Insurgencia, o dei gruppi di estrema sinistra come Carc (Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo), Associazione solidarietà proletaria, Sindacato lavoratori in lotta, nomi e retorica che fanno tornare alla mente periodi bui della storia della Repubblica. La divisione antiterrorismo della Digos indaga sul caso. Non solo, il prefetto Andrea De Martino ha messo il comandante sotto scorta. Carabinieri e polizia monitorano tutte le strade percorse dal generale nei suoi spostamenti.
Gli investigatori sanno bene che, soprattutto in momenti di forte tensione sociale, il passaggio dagli insulti e le minacce all’azione può essere breve. Nel mirino degli antagonisti le azioni di sgombero degli abusivi (dai mercatali agli occupanti di alloggi). «Sementa che sta dimostrando nei fatti non solo che guidare la polizia municipale significa “fare politica”, ma anche come da questo signore e dall’assessore alla sicurezza Narducci, sempre pronto a coprire il suo generale, il solo problema della città di Napoli, attanagliata dalla crisi e dai drammi sociali, sia l’aggressione ai poveri», scrivono gli antagonisti di “Insurgencia” tirando in ballo anche il pm-assessore. I gruppi di estrema sinistra, invece, in un altro comunicato chiedono di «licenziare il comandante del corpo dei vigili urbani di Napoli, il generale dei carabinieri Luigi Sementa, responsabile dei gravi episodi lesivi della dignità umana e dei diritti democratici». Il linguaggio non è affatto rassicurante, il generale, infatti, viene rappresentato come il nemico. E contro il nemico, nella retorica degli estremismi, c’è la lotta. «Cacciamo lo sceriffo Sementa», affermano i Carc in uno dei tanti comunicati diffusi nella rete di Indymedia Napoli, canale ufficiale dei gruppi antagonisti. E il metodo della lotta è chiaro e non passa per la via democratica: «Come abbiamo già detto, solo la mobilitazione popolare, il coordinamento tra le varie realtà, lo sviluppo di percorsi di lotta e di iniziative di autorganizzazione e di disobbedienza civile dal basso, possono realmente incidere sugli eventi e sui processi, mettendo all’angolo chi invece all’interno del consiglio comunale e dietro le quinte opera affinché le cose restino come sono», scrivono ancora i veterocomunisti dei gruppi di estrema sinistra.
Sul caso dei gruppi antagonisti la Procura tiene alta l’attenzione. Napoli, infatti, potrebbe rappresentare una bomba ad orologeria. La commistione tra organizzazioni estremiste, studenti e disoccupati organizzati può rappresentare uno strumento pericoloso nelle mani di gruppi eversivi.

 

da il Giornale di Napoli del 29 maggio 2012

Gruppi anarchici contro il comandante della polizia municipale

Insulti al comandante della polizia municipale Luigi Sementa sui muri del centro storico di Napoli. Nulla di eccezionale se sulla scritta non campeggiasse il simbolo dei gruppi anarchici. Sul muro dell’edificio all’angolo tra il largo Corpo di Napoli e via Giovanni Paladino si legge “Guardie infami” e poco sotto, con la stessa scrittura e la stessa vernice, “Sementa merda”. Tra i due messaggi la “A” cerchiata degli gruppi estremisti. Non sono le uniche scritte “nere” che si possono leggere sui monumenti del cuore antichissimo della città. È ignota, chiaramente, l’identità degli esecutori. E potrebbe trattarsi soltanto di insulti senza alcuna matrice politica. Ma la retorica è certamente quella dei gruppi antagonisti, e di tutti gli estremisti in generale, che trovano nelle forze dell’ordine il primo nemico, la prima rappresentazione fisica dello Stato al quale si oppongono. È evidente, che nell’ultimo periodo i messaggi si sono moltiplicati, l’attività dei gruppi si è intensificata. Sul caso, tuttavia, l’attenzione della sezione antiterrorismo della Digos è altissima. L’attività di indagine e la pressione su tutti i “nuclei” segnalati si è intensificata. E anche le scritte contro il comandante dei vigili non vengono sottovalutate. Anche se non è chiaro per quale attività investigativa, in particolare, possa essere preso di mira il generale Sementa.
COMMISTIONI CON I GRUPPI DI DISOCCUPATI. I gruppi “antagonisti” hanno sempre avuto, proprio nel centro storico, una loro base operativa privilegiata nelle Università. La Facoltà di Lettere e Filosofia della Federico II, l’Università l’Orientale, i centri sociali occupati, come lo Ska, sono sempre stati sotto la stretta osservazione degli investigatori. Tuttavia, non è sempre facile individuare “il braccio operativo”di questa e di altre azioni. Nelle proteste di piazza, infatti, a Napoli c’è sempre stata una commistione ambigua tra diverse organizzazioni: e gruppi estremisti si sono sempre fusi con i gruppi di disoccupati organizzati che, sempre nell’area del centro storico, hanno le loro sedi. Ma nei momenti di grande tensione sociale anche organizzazioni che prima venivano ritenute innocue possono rappresentare un potenziale pericolo da tenere sotto controllo. Lo sa bene la Procura della Repubblica che attualmente indaga su una presunta Federazione Anarchica attiva a Napoli.
LE INDAGINI DELLA PROCURA. È attiva e preoccupa non poco gli investigatori. In Procura da tempo sono partite indagini su una cellula del Fai attiva a Napoli. Il pool di magistrati della sezione antiterrorismo guidata dal Procuratore Aggiunto Rosario Cantelmo da mesi sta tenendo alta l’attenzione sul fenomeno a livello nazionale ma anche sull’attività della Federazione Anarchica informale che a Napoli ha una cellula attiva. Per evitare allarmismi il riserbo a Palazzo di Giustizia è pressoché assoluto. Nessuno si sbilancia. «Fase troppo delicata delle indagini per parlare», dicono al Velino fonti investigative. Ci sono anche volantini nelle mani dei magistrati, uno è quello di Genova in cui si rivendicava l’attentato al manager Ansaldo Roberto Adinolfi. Quel che filtra dalla Procura è solo un moderato ottimismo per il ritmo di lavoro con cui si stanno conducendo le indagini. Intanto come disposto dalla direttiva del Ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, rafforzate le misure di sicurezza ai luoghi sensibili, ma anche a personaggi istituzionali.

 

da il Giornale di Napoli del 28 maggio 2012

Caro polizze, tutti i bus dell’Anm senza assicurazione


Da venerdì i 740 bus dell’Anm resteranno senza assicurazione Rc auto. La Milano assicurazioni, infatti, ha rifiutato di accettare la proroga temporanea di due mesi richiesta dall’Azienda napoletana per la mobilità, così come era già stato fatto per i mesi passati. Il 31 maggio scade la polizza attuale e certamente non ci sarà il tempo di rinnovarla per tempo. Un problema serio, che mette a rischio la circolazione dell’intero parco macchine del trasporto su gomma in città. A dare l’allarme sono tutte le sigle sindacali, che hanno scritto al prefetto, al sindaco, al presidente della Provincia e al presidente della Regione Campania. Alle autorità si chiede di «intervenire – adottando anche provvedimenti straordinari, giustificati dalle esigenze di ordine pubblico – perché sia reperita una Compagnia per la copertura assicurativa dei veicoli Anm. Si chiede anche al Comune di Napoli e al Presidente della Giunta Regionale – è scritto nel documento – di mettere subito a disposizione di Anm le risorse finanziarie necessarie a sostenere il pagamento sia del premio assicurativo, che delle retribuzioni, atteso che anche per queste l’Azienda non ha garantito il pagamento entro la fine del mese».
Il problema è la carenza cronica di soldi. Attualmente il costo annuale del premio per tutti i mezzi corrisponde a circa 7,2 milioni di euro. Ma, come spiega il segretario regionale della Fit-Cisl, Giuseppe Esposito, per quest’anno il costo è più che raddoppiato. «Il premio si aggirerebbe intorno ai 16 milioni di euro: un terzo di quello che la Regione destina all’Anm. La metà di quanto l’azienda incassa da ticket e abbonamenti di UnicoCampania – afferma Esposito – Il Comune, al momento, non pensa di sborsare altri soldi. Tuttavia, da Palazzo San Giacomo continuano a chiedere sforzi enormi per l’aumento delle corse all’interno della Ztl». Secondo Esposito «nonostante il problema fosse ben noto all’azienda, non è stato risolto».
In realtà, la società che ha alla sua guida il manager più pagato delle Partecipate del Comune di Napoli, Renato Brunetti (120mila euro all’anno), ha affrontato la questione con un bando per cercare una società che si occupasse del brokeraggio assicurativo. Appalto affidato all’Aon di Milano per tre anni. Il costo presunto è di circa 2,6 milioni di euro (il 5% sul costo dei premi). Insomma, la società di trasporti ha i bus senza assicurazione, ma ha un intermediario per reperire una compagnia assicurativa.
Nonostante il Comune abbia previsto in Bilancio un aumento delle risorse per il trasporto pubblico, i soldi restano l’unico problema. Tant’è che Anm e Comune hanno fatto ricorso al Tar contro la Regione per ottenere le risorse per i “servizi minimi per il trasposto pubblico locale su gomma”.
Ma tra ricorsi e caccia all’assicuratore giusto i cittadini rischiano di restare senza bus. I disagi sarebbero gravissimi e inaccettabili. Ci sono 72 ore per risolvere il problema. Per i sindacati non ci sono dubbi: «Appare pertanto ormai molto probabile che dal primo giugno i veicoli aziendali non possano essere utilizzati per il servizio di trasporto pubblico con conseguenze drammatiche per la città di Napoli, per i cittadini e per il personale Anm».

da il Giornale di Napoli del 27 maggio 2012

Edenlandia e Zoo, bando da sette milioni

Il futuro dell’Edenlandia e dello Zoo di Napoli è tutto scritto nelle pagine del bando di gara internazionale pubblicato oggi. Alla fine c’è voluto il tribunale fallimentare a dare una dimensione e una prospettiva al parco di Fuorigrotta che, dopo il fallimento avrebbe rischiato anche una fine indegna. Invece, il curatore fallimentare Salvatore Lauria non si è limitato a gestire l’ordinario: ha ridotto gli sprechi; ha cercato di mettere a reddito le strutture a disposizione; ha salvato i posti di lavoro; ha trattato col Comune per ottenere finanziamenti necessari alla sopravvivenza degli animali; ha trattato, infine, con la Mostra d’Oltremare per ottenere un contratto di affitto sostenibile e di lunga durata; e, poi, ha disegnato il bando. Ha fatto, insomma, quello che avrebbero dovuto fare altri, istituzioni e imprenditori, prima la scure del crac societario non mandasse tutto in malora.

 

da il Giornale di Napoli del 24 maggio 2012

Adesso c’è una possibilità per Edenlandia, Zoo e per il quartiere. Serve solo una società che accetti di investire a Napoli. Le garanzie per l’investitore sono tutte nel contratto: accordi chiari sul futuro di animali e strutture e sui contratti.

 

IL BANDO. Il termine per la presentazione delle offerte è il 16 luglio, il giorno dopo si apriranno le buste e il giudice fallimentare deciderà quale risulterà la migliore. Non è una gara al ribasso, si procederà secondo il metodo dell’offerta migliorativa. Ma non vincerà soltanto chi offrirà più soldi. Ci saranno dei criteri per la selezione degli investitori. Il parco potrà essere affidato a società superspecializzate e dai grandi numeri. Insomma, stop alle aziende create ad hoc per le gare d’appalto, il tribunale cerca una major del settore.

 

I COSTI. Il bando parte da 4,7 milioni di euro. A questi soldi si devono aggiungere altri 2,3 milioni di euro, inseriti nel contratto di affitto con la Mostra d’Oltremare. Si tratta di un investimento obbligatorio per la messa a norma dello Zoo, che, attualmente, è fuori legge. Le norme per la sicurezza e la salute degli animali e dei visitatori dovranno essere garantite da strutture adeguate. Migliorano i termini del contratto di affitto: di poco superiore agli 800mila euro all’anno (il vecchio contratto era di un milione di euro) e la durata sarà ventennale con opzione per il rinnovo.

 

I NUMERI. Certamente quello di Napoli non è un Parco dai grandissimi numeri. L’area dello Zoo occupa 80mila metri quadrati, quella dedicata ai giochi sarà, invece, di 48mila metri quadrati (si estenderà sui 28mila metri quadrati dell’Edenlandia più i 20mila, mai messi a reddito, del cinodromo): 128mila metri quadrati in tutto. Nulla se pensiamo ai 600mila metri quadrati di Gardland, ai 700mila di Mirabilandia o i 600mila del nuovissimo RainBow Magicland di Valmontone (il megaparco più vicino a Napoli). Ma sarà certamente il Parco cittadino più grande d’Italia. Quello di Milano, il Luna Euro Park dell’Idroscalo, è 47mila metri quadrati. Il vecchio LunEur di Roma, si estendeva su 68mila metri quadrati, ma è ormai chiuso da quattro anni.

 

SERVONO SOLDI. Tuttavia, la gestione fallimentare continua ancora con tutte le difficoltà di sempre. Da Palazzo San Giacomo sono già arrivati 200mila euro, ma il curatore fallimentare ne attende altri 50mila. Si tratta di soldi essenziali per garantire la sopravvivenza degli animali. Lo zoo, infatti, incassa pochissimo e i fondi non garantiscono la gestione ordinaria (i costi sono di circa 50mila euro al mese). Forse l’idea dell’assessore al Commercio Marco Esposito di cancellare il parco degli animali avrebbe dato certamente più possibilità per un grande investimento. Ma c’erano troppi vincoli da rispettare e comitati e cittadini si sono opposti a questa ipotesi.


Coppa America, a Napoli hanno fallito gli imprenditori

Per la Coppa America Napoli ha speso 26 volte più di Plymouth, 4 volte più di Venezia, insomma, ha oggettivamente pagato troppo. E continuerà a pagare troppo per la tappa prevista per il prossimo anno. A snocciolare i dati è il leader dell’opposizione in consiglio comunale Gianni Lettieri. Gli organizzatori, invece, dati non ne hanno forniti. Qualcosa, evidentemente, non è andato per il verso giusto. C’erano delle previsioni (quelle fornite dalla ricerca della Deloitte), ma sono state disattese. C’erano degli accordi, che prevedevano spot e passaggi televisivi, e sono stati disattesi. Diciamo che, nonostante tutti questi obiettivi non centrati, l’evento ha dato una immagine diversa della città anche ai cittadini stessi. Non è poco. L’intervento delle istituzioni, anche se sproporzionato rispetto all’impegno di altre città, è comprensibile ed è giustificato dall’ansia di cancellare la drammatica immagine di Napoli devastata ed umiliata dal degrado dell’emergenza rifiuti. C’è un fatto, però, sul quale nessuno riflette e che rappresenta l’aspetto più desolante dell’intera vicenda. L’assenza cronica delle imprese. Il dato rilevante, ad esempio, non è che Venezia abbia speso soltanto 5 milioni di euro, rispetto ai 20 napoletani, ma che quei soldi li abbiano messi tutti i privati. A Napoli si è creata, invece, una situazione paradossale che sintetizza nella sua assurdità il problema reale della città. L’affare della Coppa America è stato gestito tutto dal presidente dell’Unione degli Industriali, Paolo Graziano. L’imprenditore è stato messo a capo di una società di scopo cui è stata affidata la responsabilità delle trattative e dei contratti. Un aspetto, questo, simbolicamente rilevante. Dare all’Unione industriali un ruolo centrale significa garantirsi l’apporto, non solo simbolico, della finanza partenopea. Il risultato? Gli industriali hanno gestito l’affare con i soldi pubblici (solo qualche spicciolo è stato raggranellato con gli sponsor). Insomma, gli imprenditori napoletani non hanno fatto come i veneziani, sono riusciti a non mettere neanche un euro, nonostante ci abbiano messo la faccia. Un’operazione mirabile, da grandi illusionistii. Del resto, da queste parti, hanno fatto sempre e solo questo, mai un soldo per la cosa pubblica (e non parliamo di prestiti a fondo perduto). Sbaglia il sindaco ad aspettare che, per la prima volta nella storia, gli industriali puntino sulla città. Sbaglia ad ascoltare le chiacchiere anche di chi, per titoli, avrebbe autorità a parlare. Sbaglia a non puntare il dito su chi ha bluffato. Qui a pagare c’è solo il pubblico, che per le aziende è la manna dal cielo. Tutto sommato, a che serve investire se la politica paga. E la Coppa America è solo un esempio.

Il nuovo cuore di S., bimbo nato tre volte

«Ho detto tre volte alla mamma di quel bimbo che era spacciato, che non si sarebbe salvato. E per tre volte è rinato. Questo per noi è un vero miracolo». Giuseppe Caianiello, primario della Cardiochirurgia pediatrica del Monaldi. Racconta la storia di S., 18 mesi, nato tre volte. Prima salvato da un cuore artificiale, poi dal cuore di un donatore, un bimbo di 5 anni, poi dalla buona sorte. È un caso eccezionale nel Sud Italia, il primo. «S. arrivo da Avellino una notte in cui la mia équipe era in ospedale – racconta il primario – Aspettavamo un cuore, eravamo lì per caso. Il piccolo aveva solo cinque mesi ed era in arresto cardiaco. Era praticamente morto, siamo intervenuti per rianimarlo e lo abbiamo poi attaccato all’Ecmo (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation), una macchina che può sostenere le funzioni vitali di cuore e polmoni per un tempo limitato. Dopo tre giorni gli abbiamo impiantato il cuore artificiale». L’impianto si chiama Berlin Heart (per il cui utilizzo il Monaldi è l’unico centro individuato dal ministero della Salute nell’Italia meridionale) ed è costituito da una consolle elettrica con due ampolle esterne collegate con una serie di tubicini al torace del paziente. Sono il ventricolo destro e quello sinistro, ma per tutti, in reparto, sono «le ampolle di San Gennaro». Quattro dei cinque bimbi trapiantati nell’ultimo anno ne hanno usufruito. S. ha imparato subito a convivere con quella macchina, presto è diventata una parte del suo corpo. Con il cuore fuori dal corpo ha imparato tutto quello che impara un bambino così piccolo, ha imparato a camminare e a conoscere il mondo. La macchina, che ha un’autonomia di circa cinque ore, gli ha permesso qualche volta di raggiungere il bar dell’ospedale. «La madre è stata eccezionale», racconta il prof. La donna, che ha altri due figli piccoli, si è trasferita in ospedale, dove le è stata affidata una stanza singola, e qui ha seguito il delicatissimo percorso di crescita del suo bimbo, senza perdersi mai d’animo, un anno lunghissimo. «In reparto siamo assistiti dall’associazione Abc, dai volontari della clown-terapia – dice Caianiello – Le giornate in ospedale non finiscono mai, devono passare».
Poi, a febbraio, è arrivata la possibilità di un cuore nuovo e vero. Era di un bimbo di 5 anni, un po’ più grande, per l’équipe del Monaldi pochi istanti per decidere: l’impresa è possibile. Per S. viene preparata la sala operatoria per il trapianto. L’intervento, tecnicamente, riesce perfettamente. Ma il rigetto è immediato e sembra di quelli che non lasciano speranze. S. viene riattaccato all’Ecmo e viene sottoposto ad immunosoppressione totale, qualsiasi contatto con l’esterno gli avrebbe potuto provocare un’infezione. Quindici giorni di isolamento totale, prima di riprovare se il cuore poteva ritornare a battere da solo. Tutto è andato per il verso giusto. S. è rinato per la terza volta. È tornato a casa, un luogo che non conosceva. Ogni tanto cerca i tubicini e le ampolle di San Gennaro che non vede più, ma S. sta bene. Andrea Petraio e Fabio Ursomando, infaticabili assistenti di Caianiello, sono già andati a trovarlo nella sua casa di Avellino. Grande soddisfazione è stata espressa dal manager dell’Azienda dei Colli, Antonio Giordano: «È la prima volta in assoluto – dice – che una struttura sanitaria del Sud interviene due volte su un bambino, prima con un cuore artificiale e poi con il trapianto». Caianiello non nasconde l’emozione quando parla dell’incredibile esperienza di S.: «Ho ringraziato la madre del bimbo per la grande lezione che ci ha dato. Per tre volte le ho detto che il figlio era morto, lei non ha mai smesso di crederci».

 

da il Giornale di Napoli del 9 maggio 2012

Bagnoli, si naviga ancora a vista

 

Su Bagnoli si naviga ancora a vista. Lo spoil system non è servito, almeno, per ora. A dimostrarlo c’è lo scontro tra la Giunta e la Bagnolifutura. Per il presidente della Stu, Omero Ambrogi, la colmata a mare potrebbe anche restare al suo posto, se resa innocua. L’esternazione non è piaciuta all’assessore all’Urbanistica, Luigi De Falco, che ha ricordato all’ex magistrato che «la legge dice che la colmata a Bagnoli va rimossa». «Sono certo che come me l’abbia già letta pure il presidente Ambrogi, ma anche a lui, come a me e a tutti, fa bene rileggerla ogni tanto – dice De Falco -. Essa contiene la rappresentazione estetica dei luoghi, lucidamente e storicamente sostenuta: la sua poetica travalica e sublima il lettore convincendolo nelle ragioni della tutela, rafforzando la teoria per la quale la logica si tramuta in legge, sia essa decreto ministeriale di vincolo, legge di Stato o norma di piano regolatore. È in quella relazione che si legge perché le regole già scritte non possano essere più messe in discussione». Insomma, un richiamo all’ordine di non poco conto che indica come per la Bagnolifutura, nonostante il cambio della governance, non si sia trovata ancora la quadra. È da leggere in questa prospettiva il cambio all’interno del Cda, con l’uscita di scena del tecnico Antonio Balestrieri, per fare posto al sociologo Lucio Iaccarino. È chiaramente una virata politica per la squadra, un’impronta forte nella prospettiva della “rigenerazione” dell’area. Iaccarino, oltre ad essere l’amministratore della nota società di comunicazione alternativa Think Thanks Srl, è uno che dell’area si è interessato parecchio. Tra i suoi scritti basti citare su tutti “La rigenerazione”, appunto, con la prefazione di Percy Allum. Un’analisi, soprattutto, del tessuto sociale dell’area e del ruolo dell’associazionismo nel processo decisionale che riguarda la trasformazione di Bagnoli. Insomma, Iaccarino è un altro del pool demagistriano dei guru della democrazia partecipata. Un avvertimento ad Ambrogi: il decalogo è questo.